Alla cerimonia in occasione del 40° Anniversario dell’uccisione di Guido Rossa da parte di terroristi a Genova il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella lo scorso, 23 gennaio 2019, ha tra l’altro detto:
Continueremo a custodire la memoria dei tanti che negli anni di piombo sono divenuti bersagli inermi e innocenti del terrorismo brigatista, delle sue spietate filiazioni, dello stragismo della galassia dell’eversione neofascista.
È lunga la sequela di nomi e di vite spezzate.
Ancora ci chiediamo come sia potuto accadere. Ed è un interrogativo attuale per una democrazia che voglia saper vivere e affrontare le proprie contraddizioni, per impedire che forze oscure avvertano nuovamente la tentazione di tornare all’attacco.
A decenni di distanza, quell’impegno non può dirsi del tutto concluso. L’azione delle istituzioni per ristabilire piena luce, dove questa è ancora lacunosa, non può fermarsi. Così come una definitiva chiusura di quella pagina richiede che sia resa compiuta giustizia, con ogni atto utile affinché rendano testimonianza e scontino la pena loro comminata quanti si sono macchiati di gravi reati e si sono sottratti con la fuga alla sua esecuzione.
Questo il testo del discorso del Presidente Mattarella:
Onoriamo qui, oggi, un uomo, un lavoratore, un delegato sindacale, un militante politico che, nel momento in cui forze eversive e oscure portavano il loro assalto sanguinario alla nostra convivenza civile, ebbe il coraggio di non guardare dall’altra parte.
Di non cedere alla meschinità della paura e della fuga dal senso di responsabilità di fronte alla minaccia e alla violenza.
Ha pagato, con la sua famiglia, il prezzo supremo di chi ha voluto tener fede ai valori della Repubblica.
Il terrorismo si definisce da solo per ciò che è: attacco vile alle persone, alla loro dignità, alla vita. Aggressione alle idee, intimidazione contro la libertà di ciascuno. Tentativo di abbattere le istituzioni poste a salvaguardia di tutti.
Guido Rossa non indugiò a chiedersi se toccasse proprio a lui contrastare il terrorismo. Seppe battersi per tutti.
Anche per chi preferiva fingere di non vedere.
Anche per chi stentava a capire cosa fosse in gioco nella drammatica stagione del terrorismo, più o meno mascherato dietro deliri ideologici e sigle di maniera.
Una esperienza che, ancora una volta, conobbero e dovettero combattere le principali democrazie europee.
E la democrazia prevalse, sorretta da un vasto sentimento popolare, dopo gli assassinii e i ferimenti di tanti concittadini, colpevoli solo di essere interpreti delle diverse forme in cui la nostra società si è liberamente organizzata.
Prevalse nel rispetto pieno delle regole dello Stato di diritto.
Prevalse senza cedimenti ai propositi di chi intendeva spingere l’azione dei pubblici poteri sul terreno della riduzione dei diritti e della repressione delle libertà.
La democrazia divenne più forte con il rispetto dei nostri principi e precetti costituzionali.
Si impose con il contributo fondamentale del movimento dei lavoratori – sicura riserva dei valori della Repubblica – che seppe, sull’esempio di Guido Rossa, rinsaldare le proprie fila e sfidare l’eversione là dove, come nelle fabbriche, pretendeva di costruire un consenso di massa puntando sul disagio sociale, ignorando il carattere profondamente democratico del movimento dei lavoratori.
Emerse oltre ogni dubbio, con il suo assassinio, il carattere ferocemente antipopolare, oltre che antidemocratico, del cosiddetto “partito armato”.
È con emozione – quindi – e con sentimenti di profonda riconoscenza, che partecipo, insieme a voi, a questo ricordo nella fabbrica in cui Guido Rossa ha lavorato e ha combattuto le sue battaglie civili.
La memoria è parte vitale della costruzione del nostro futuro. Non saremo mai veri protagonisti se non avremo la forza di riconoscere la continuità dei valori, degli ideali, delle conquiste sociali raggiunte nel cammino di cambiamento della nostra comunità.
Il progresso avanza sulle azioni degli uomini. Sul coraggio e sull’integrità di persone normali, come Guido Rossa, che al suo mestiere, alla sua competenza professionale, univa l’impegno nel sindacato. Non si proponeva di diventare un eroe ma voleva essere fedele a se stesso, a ciò che intendeva costruire per il domani della sua famiglia, del quartiere in cui abitava, della fabbrica in cui lavorava, dell’intera società.
Assumersi delle responsabilità è difficile, e può diventare pesante: ma l’Italia, a partire dalla Resistenza, si è basata su questa capacità, nel suo progredire.
Donne e uomini che hanno saputo in famiglia, sul lavoro, nella vita di tutti i giorni, assumere le proprie responsabilità, costruire il futuro.
Ecco perché oggi la Repubblica dice grazie a Guido Rossa e a tutti quanti hanno saputo rendere grande il nostro Paese.
Continueremo a custodire la memoria dei tanti che negli anni di piombo sono divenuti bersagli inermi e innocenti del terrorismo brigatista, delle sue spietate filiazioni, dello stragismo della galassia dell’eversione neofascista.
È lunga la sequela di nomi e di vite spezzate.
Ancora ci chiediamo come sia potuto accadere. Ed è un interrogativo attuale per una democrazia che voglia saper vivere e affrontare le proprie contraddizioni, per impedire che forze oscure avvertano nuovamente la tentazione di tornare all’attacco.
La nostra comunità ha superato la prova grazie alla propria coesione, rafforzata da quelle personalità e da quelle forze politiche e sociali che sono state capaci di ricostruire unità nei momenti cruciali. Grazie alla lungimiranza di uomini di governo e delle istituzioni rappresentative, alla dedizione di uomini delle forze dell’ordine, di magistrati, di sindacalisti, di insegnanti, di tanti cittadini che hanno saputo respingere la barbarie, la violenza, l’odio, la sopraffazione.
A decenni di distanza, quell’impegno non può dirsi del tutto concluso. L’azione delle istituzioni per ristabilire piena luce, dove questa è ancora lacunosa, non può fermarsi. Così come una definitiva chiusura di quella pagina richiede che sia resa compiuta giustizia, con ogni atto utile affinché rendano testimonianza e scontino la pena loro comminata quanti si sono macchiati di gravi reati e si sono sottratti con la fuga alla sua esecuzione.
La democrazia è una condizione delicata, la cui cura viene affidata alle istituzioni ma, in misura non minore, è affidata alla responsabilità e ai comportamenti dei cittadini, in tutti i luoghi in cui si sviluppa la loro presenza. (…)
Il terrorismo disumano e totalitario la voleva piegare alla sua propaganda di violenza e di morte. Quel tentativo è stato respinto, battuto dal popolo.
La battaglia per la libertà non concede tuttavia tregua.
I fantasmi del passato sono sempre in agguato.
Contro di essi la coscienza internazionale dei Paesi democratici, della Unione Europea, ha il dovere di essere vigile e di essere forte.
Dalla nostra storia, dai testimoni di cui facciamo memoria, abbiamo imparato che la democrazia si difende se resta se stessa e non rinuncia ai propri valori, scolpiti nella Costituzione.