L’ex terrorista Adriana Faranda e l’ex brigatista Franco Bonisoli sono stati invitati a partecipare nella sede della Scuola della magistratura a un corso di formazione per i giudici sulla giustizia riparativa.
L’ex Preside della Scuola, Valerio Onida, che ha organizzato l’evento, difende la sua scelta, rendendo ancora più brutale tale decisione: “È un’attività che promuove ciò che meglio serve al lavoro dei magistrati. Dove è lo scandalo? O si pensa che la Scuola sia un sancta sanctorum, un tabernacolo che non può essere profanato dalla presenza di certe persone? La formazione è per eccellenza il luogo della riflessione e del confronto, e la formazione dei magistrati non può ignorare temi come quello della giustizia riparativa.”.
Tra le reazioni contrarie merita di essere ricordata quella del Giudice Alessandra Galli, figlia del giudice Guido ucciso da Prima Linea, che si dice “attonita”, prima ancora che “amareggiata”, e che esprime tutto il suo “sconcerto per la decisione di invitarvi Adriana Faranda. È inaccettabile il dialogo in una sede istituzionale come questa con chi ha ucciso per sovvertire lo Stato e la Costituzione alla quale noi, come magistrati abbiamo giurato fedeltà”.
Riserve dal Procuratore di Torino Armando Spataro: “le mie perplessità non sono affatto collegate all’oggetto del corso, ma alla presenza di ex terroristi in una Scuola di Formazione per Magistrati”; e da Grazia Prandella, Procuratore aggiunto di Imperia: “Quello è il luogo deputato ad accrescere la professionalità dei magistrati. La sua testimonianza non può certo portare a comprendere il fenomeno del terrorismo sotto il profilo giuridico. Sarebbe un po’ come dire che per capire come si coordinano le indagini sulla mafia dovremmo invitare Provenzano”.
Si è vero, sia Faranda sia Bonisoli si sono dissociati dalla lotta armata, ciò non toglie che hanno commesso crimini contro lo Stato, che si sono macchiati con sangue innocente di servitori dello Stato, che sono stati riconosciuti colpevoli, che sono stati condannati, ed è impensabile quindi che di fronte al terrore che hanno messo in atto oggi si ergano a maestri, volendo tenere lezioni di vita ai Magistrati, ovvero a coloro che fino a poco tempo fa ritenevano essere i tiranni e galoppini dello Stato.
Piergiorgio Morosini, membro del Consiglio Superiore della Magistratura difende la scelta: “Sono sempre opzioni – ha detto – che possono fare discutere, e che possono sollecitare la sensibilità soprattutto dei familiari delle vittime del terrorismo nei confronti dei quali occorre sempre nutrire il massimo rispetto. Non si tratta di una testimonianza di ex bierre nelle scuole dell’obbligo, quella sì inaccettabile. Ma di una iniziativa di formazione tra magistrati, dove può essere utile comprendere come maturarono non solo scelte criminali, ma anche percorsi collaborativi ai fini di una maggiore consapevolezza dei magistrati chiamati ad occuparsi di pagine oscure della vita del Paese. Per una iniziativa interna di formazione della magistratura, tutto questo clamore mi sembra esagerato”.
Invece a noi non sembra che il clamore sia esagerato, anzi.
Come Associazione Memoria – che raggruppa i familiari delle Forze dell’Ordine e della Magistratura vittime del Terrorismo – riteniamo l’iniziativa INOPPORTUNA E DI CATTIVO GUSTO perché presa dalla Magistratura stessa. I Terroristi hanno avuto tutto, hanno ottenuto tutto: dagli sconti di pena, alla piena riabilitazione, fino addirittura ad essere eletti in Parlamento e a ricoprire cariche istituzionali, come Segretario del Parlamento a Montecitorio (riferimento a Sergio D’Elia di Prima Linea condannato per l’uccisione dell’Agente di Polizia Fausto Dionisi avvenuta a Firenze il 20 gennaio 1978). Sono protagonisti sempre in televisione, pubblicano libri, rilasciano interviste. Solo i caduti delle Forze dell’Ordine e della Magistratura non hanno avuto una seconda opportunità – e con loro i loro familiari, spose, figli, genitori, ecc. – ma peggio ancora, subiscono una nuova “morte” , e con loro i loro familiari, quando si concede agli ex Terroristi di salire in cattedra e dare lezioni di vita, soprattutto poi se questo viene fatto in una sede istituzionale qual è la Scuola della Magistratura di Scandicci.
Un giornale nel dare la notizia del grottesco episodio non a caso ha scritto: “l’ultimo scempio della giustizia italiana porta ancora una volta il marchio delle Brigate Rosse”.
E ci domandiamo, così come se lo chiedono in tanti, se può bastare la dissociazione dal terrorismo quando si è in carcere – per godere di sconti di pena e uscire prima – e l’ammissione degli errori commessi e del fallimento di certe ideologie, come ha fatto la Faranda, e come credono alcuni Magistrati, per non essere considerati più dei “cattivi maestri” ?
Nota dell’Associazione Memoria