LA REPUBBLICA del 22/01/2013: Da Prima Linea all’assessorato polemica sulla giunta di Livorno

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Da Prima Linea all’assessorato
polemica sulla giunta di Livorno

L’ex terrorista Marco Solimano verrà nominato dal sindaco di Livorno Alessandro Cosimi responsabile di casa e sociale. L’associazione dei parenti delle vittime del terrorismo: “Siamo senza parole”. Solimano è già stato presidente dell’Arci cittadino e poi consigliere comunale

Marco Solimano, 60 anni, ex terrorista di Prima Linea, sarà nominato domani assessore alla casa e al sociale della giunta comunale di Livorno guidata da Alessandro Cosimi (Pd). Si completa così il lungo cammino all’interno delle istituzioni di Solimano che, a cavallo fra gli anni Settanta e Ottanta, con il fratello Nicola ha fatto parte di una delle più sanguinarie organizzazioni terroristiche di estrema sinistra. Fra le vittime di Prima Linea i magistrati Emilio Alessandrini e Guido Galli. A Firenze il 20 gennaio ’78, durante un tentativo di evasione dal carcere delle Murate, terroristi di Prima Linea uccisero l’agente di polizia Fausto Dionisi. Al processo di Firenze, che si concluse in appello il primo febbraio 1985, Marco Solimano fu condannato a 22 anni. Non gli venne contestata la partecipazione fisica a fatti di sangue ma e il concorso morale e la partecipazione all’organizzazione criminale. Il primo marzo ’87 il gruppo terroristico fu dichiarato ufficialmente sciolto e si consegnò al Partito Radicale Transnazionale. Da allora molti ex terroristi hanno trovato spazio e lavoro nelle istituzioni, in molti casi fra lo sgomento dei familiari delle vittime. Marco Solimano è stato assistente volontario nel carcere livornese delle Sughere. Da 13 anni è presidente dell’Arci di Livorno e per dieci anni è stato consigliere comunale prima con i Ds e poi con il Pd. Nel 2010 il sindaco Cosimi lo ha nominato garante dei detenuti.

‘Senza parole: così Mariella Magi Dionisi, vedova dell’agente Fausto Dionisi e presidente dell’associazione “Memoria” che riunisce parenti di vittime del terrorismo, commenta l’ipotesi secondo la quale il sindaco di Livorno Alessandro Cosmi “intenderebbe nominare assessore Marco Solimano, ex esponente di Prima Linea”.

“Sono scelte che lasciano perplessi e senza parole – dice Mariella Magi Dionisi – a parte quelle che usò il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano incontrando i familiari delle vittime e cioè che ci vorrebbe il buongusto, da parte di chi prese le armi, di stare un passo indietro. Visto che, tra l’altro, hanno avuto molto, tutto, e a differenza di altri hanno soprattutto la vita”.

 

22 gennaio 2013

LA STAMPA del 23/01/2013: Ex terrorista Pl assessore a Livorno Indignati i parenti delle vittime

la stampa

Ex terrorista Pl assessore a Livorno
Indignati i parenti delle vittime

Marco Solimano nominato in giunta Il sindacato di polizia: “Assassinio della pietà, calpestato il rispetto”

È prevista oggi, e fa discutere, l’ufficializzazione della nomina di Marco Solimano, 60 anni, ex terrorista di Prima Linea, a assessore alla Casa e al Sociale della giunta comunale di Livorno guidata da Alessandro Cosimi (Pd).

«Senza parole»: così Mariella Magi Dionisi, vedova dell’agente Fausto Dionisi e presidente dell’associazione «Memoria» che riunisce parenti di vittime del terrorismo, commenta l’ipotesi secondo la quale il sindaco di Livorno Alessandro Cosmi «intenderebbe nominare assessore Marco Solimano, ex esponente di Prima Linea».

«Sono scelte che lasciano perplessi e senza parole – dice Mariella Magi Dionisi – a parte quelle che usò il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano incontrando i familiari delle vittime e cioè che ci vorrebbe il buongusto, da parte di chi prese le armi, di stare un passo indietro. Visto che, tra l’altro, hanno avuto molto, tutto, e a differenza di altri hanno soprattutto la vita».

Solimano, ex consigliere comunale, presidente dell’Arci di Livorno e garante dei detenuti della città toscana, si è dissociato molti anni fa dalla lotta armata, dopo essere stato condannato nel processo alla struttura toscana di Prima Linea. È lo stesso gruppo’ che organizzò l’assalto al carcere fiorentino delle Murate del 20 gennaio 1978 durante il quale venne ucciso l’agente di polizia Fauso Dionisi, commemorato proprio domenica scorsa.

Per Franco Maccari, Segretario Generale del Coisp, Sindacato Indipendente di Polizia, «Siamo all’assassinio della pietà, al sovvertimento dei principi del buon gusto e della decenza. L’Italia istituzionale peggiore continua a mostrare il suo volto e, con pervicace superficialità, a calpestare i doveri di rispetto e di equilibrio che sarebbero dovuti ai propri cittadini» .

IL GIORNALE del 23/01/2013: Bufera al Comune di Livorno ex terrorista di Prima Linea rifiuta nomina ad assessore

IL GIORNALE

Bufera al Comune di Livorno:
ex terrorista di Prima Linea
rifiuta la nomina ad assessore

Rimpasto di Giunta a Livorno. Il sindaco Pd vuole un ex terrorista di Prima Linea al Sociale. Scoppia la bufera: i parenti delle vittime del terrorismo all’attacco. Il Comune rinuncia.

 

Alla fine Marco Solimano ha rinunciato. Non accetterà l’incarico di assessore al Sociale che gli era stato offerto dal sindaco democratico Alessandro Cosimi in occasione del rimpasto di giunta che si era fatto necessario in seguito delle dimissioni degli assessori Gabriele Cantù e Mauro Grassi.

La nomina dell’ex terrorista di Prima Linea aveva, infatti, gettato lo sconcerto tra i cittadini di Livorno e un profondo dolore tra le vittime del terrorismo. “Siamo all’assassinio della pietà, al sovvertimento dei principi del buon gusto e della decenza”, aveva duramente criticato il segretario Generale del sindacato indipendente di polizia (Coisp) Franco Maccari condannando, senza se e senza ma, la scelta di Cosimi. Scelta che, dopo giorni di polemiche e accuse, il sindaco piddì si è appunto visto costretto a revocare la nomi ad assessore.

“Sono scelte che lasciano perplessi e senza parole”, aveva commentato Mariella Magi Dionisi, vedova dell’agente Fausto Dionisi e presidente dell’associazione “Memoria” che riunisce parenti di vittime del terrorismo. La nomina di Solimano era arrivata con il rimpasto che si è reso inevitabile dopo le dimissione di un assessore. La decisione di Cosimi di puntare su Solimano, già presidente dell’Arci, consigliere comunale (prima Ds, quindi Pd) e attualmente garante dei detenuti per il Comune, aveva fatto scoppiare una vera e propria bufera politica che, dopo aver scosso Livorno, si era propagata anche a livello nazionale. Pur non avendo mai partecipato ad azioni di sangue, Solimano era stato condannato a 19 anni di carcere per la sua militanza tra le fila di Prima Linea. Molti anni fa, dopo la condanna, si era quindi dissociato dalla lotta armata. Fu, però, la struttura toscana di Prima Linea a organizzare l’assalto al carcere fiorentino delle Murate del 20 gennaio 1978 durante il quale venne ucciso l’agente di polizia Fauso Dionisi, commemorato proprio domenica scorsa. Proprio la sua militanza aveva già fatto scatenare un pandemonio quando il Comune lo aveva nominato garante dei detenuti. Inevitabile, quindi, che la decisione di Cosimi di nominarlo assessore innescasse un nuovo, accesissimo dibattito che, oltre a contrapporre la sinistra al centrodestra, aveva chiamato in causa anche i parenti delle vittime del terrorismo e i sindacati della polizia. Mariella Magi Dionisi era rimasta letteralmente senza parole: “Commenterò con le stesse parole usate dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, cioè che ci vorrebbe il buongusto, da parte di chi prese le armi, di fare un passo indietro. Visto che, tra l’altro, hanno avuto molto, tutto, e a differenza di altri hanno soprattutto la vita”..

Secondo voci riportate dal Corriere della Sera, il Pd si sarebbe subito dissociato dalla decisione di Cosimi e lo avrebbe addirittura invitato a ripensarci. Dopo l’increscioso siparietto degli ex Br che, al funerale di Prospero Gallinari, hanno sfilato con i pugni chiusi e intonando l’Internazionale, il Partito democratico è fermamente convinto che la sinistra non possa rischiare di essere accusata di compiacenze verso gli Anni di piombo. “Quando una persona ha pagato tutti i conti con la giustizia diventa un cittadino come gli altri – aveva ribattuto il consigliere comunale del Sel, Lamberto Giannini – comprendo la reazione dei parenti della vittime e sono loro vicino. Però credo che la nomina di Solimano, che ha dimostrato di avere qualità da amministratore e si è completamente riscattato, non la giudico uno scandalo”.

Sin dalle prima battute, il sindacato della polizia non ha mai accettato la nomina proposta da Cosimi. “Non ci sono parole adatte per esprimere l’indignazione che la nomina di Solimano suscita in tutti gli italiani”, aveva commentato Maccari, nei giorni scorsi, dicendo “no” a una deviata idea di reinserimento chea glorifica i terroristi ponendoli addirittura “su importanti piedistalli istituzionali in quello Stato-apparato che hanno odiato e combattuto con tutte le proprie forze”.

Sergio Rame

LA REPUBBLICA del 23/01/2013: Solimano non sarà assessore “Passo indietro per evitare polemiche”

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“Passo indietro per evitare polemiche”

Livorno, il consiglio comunale iniziato alle 11.30. Il sindaco Pd Alessandro Cosimi ha annunciato la decisione dell’ex terrorista di Prima Linea di rinunciare alla nomina ad assessore alla casa e al sociale dopo il caos scoppiato in giunta. In mattinata riunione con i segretari del Pd locale. Solimano: “Mi presenterò ugualmente in consiglio comunale”. Pressioni del partito nazionale che reputava poco opportuno l’incarico proprio all’inizio della campagna elettorale

Dal nostro inviato SIMONA POLI

Marco Solimano non sarà assessore alla casa e al sociale del Comune di Livorno. Il sindaco Pd Alessandro Cosimi, dopo le polemiche scoppiate sulla nomina dell’ex militante di Prima Linea da 13 anni alla guida dell’Arci di Livorno, ha annunciato che Solimano ha deciso di fare un passo indietro per non alimentare le polemiche.

Cosimi e Solimano in consiglio comunale

“Mi sono sentito messo con le spalle al muro”

“Marco Solimano rinuncia all’incarico di assessore al sociale per la canea che si è sviluppata sulla sua nomina, che lo riporta indietro di trent’anni. Per me si tratta di una ferita personale ero convinto che fosse lui la persona più giusta per ricoprire incarico al sociale un mondo che conosce bene”.

Caso Solimano, i protagonisti

Il consiglio comunale, che avrebbe dovuto riunirsi alle 9 è iniziato alle 11.30 con il sindaco chiuso, in mattinata, nel suo ufficio

del Comune insieme ai segretari cittadino e provinciale del Pd, Yari De Filicaia e Lippi e al gruppo consiliare del Pd. Stefano Bruzzesi, responsabile enti locali del Pd Toscana ha tenuto i contatti con la direzione nazionale e il partito di Livorno. Bruzzesi ha fatto presente le perplessità del partito nazionale sull’opportunità di una nomina del genere all’inizio della campagna elettorale. “Apprezzo molto la sensibilità dimostrata da Solimano – ha detto il segretartio regionale del Pd Andrea Manciulli – in un momento così importante per il centrosinistra. Conosciamo l’impegno sociale di Solimano a Livorno e nel nostro territorio. Questo suo gesto mi pare sia da apprezzare”.

Solimano, da Prima linea all’assessorato

Il momento è delicatissimo, le elezioni politiche sono tra un mese e non si è ancora spenta l’eco della polemica per la partecipazione di un candidato al Parlamento ai funerali di Prospero Gallinari.

Solimano,sconvolto dal caso che è scoppiato intorno a lui, aveva annunciato: “Anche se non verrò nominato mi presenterò lo stesso in consiglio comunale perché ho qualcosa da dire”.
Sessanta anni, Solimano con il fratello Nicola ha fatto parte di Prima Linea, una delle più sanguinarie organizzazioni terroristiche di estrema sinistra. Fra le vittime di Prima Linea i magistrati Emilio Alessandrini e Guido Galli. A Firenze il 20 gennaio ’78, durante un tentativo di evasione dal carcere delle Murate, terroristi di Prima Linea uccisero l’agente di polizia Fausto Dionisi. Al processo di Firenze, che si concluse in appello il primo febbraio 1985, Marco Solimano fu condannato a 22 anni. Da 13 anni è presidente dell’Arci di Livorno e per dieci anni è stato consigliere comunale prima con i Ds e poi con il Pd. Nel 2010 il sindaco Cosimi lo ha nominato garante dei detenuti.

 

L’UNITA’ del 23/01/2013: Ex terrorista di Prima Linea Non farà l’assessore a Livorno

UNITA

Ex terrorista di Prima Linea
Non farà l’assessore a Livorno

Marco Solimano, ex Prima Linea, non sarà assessore al Comune di Livorno. Lo ha comunicato lo stesso sindaco della città Labronica, Alessandro Cosimi, nell’ambito del consiglio comunale chiamato a discutere, fra le altre cose, anche la nomina vacante all’assessorato Sociale. Solimano, ha detto il sindaco, ha deciso di fare un passo indietro per non alimentare le polemiche.

LA POLEMICA
«Siamo all’assassinio della pietà, al sovvertimento dei principi del buon gusto e della decenza. L’Italia istituzionale peggiore continua a mostrare il suo volto e, con pervicace superficialità, a calpestare i doveri di rispetto e di equilibrio che sarebbero dovuti ai propri cittadini». Franco Maccari, Segretario Generale del Coisp, Sindacato Indipendente di Polizia, aveva commentato così l’ufficializzazione prevista per oggi della nomina di Marco Solimano, 60 anni, ex terrorista di Prima Linea, a assessore alla Casa e al Sociale della giunta comunale di Livorno guidata da Alessandro Cosimi (Pd).

«Domenica è stato l’anniversario della morte di Fausto – afferma Mariella Magi Dionisi, vedova di Dionisi e Presidente dell’Associazione ‘Memoria’ che riunisce parenti di vittime del terrorismo -. Sono passati trentacinque anni. Il pensiero che mi viene è che il ‘fine pena mai’ l’ha avuto solo mio marito. Sono senza parole. Uso quelle che il Presidente Napolitano ha pronunciato incontrando le famiglie delle vittime del terrorismo, e cioè che chi ha preso le armi dovrebbe saper restare un pò in disparte».

Solimano, fra gli anni Settanta e Ottanta, con il fratello Nicola ha fatto parte di una delle più sanguinarie organizzazioni terroristiche di estrema sinistra, che fra le sue vittime annovera il poliziotto Fausto Dionisi, ucciso a Firenze il 20 gennaio 1978, durante un tentativo di evasione dal carcere delle Murate.

Al processo di Firenze, che si concluse in appello il 1° febbraio 1985, Marco Solimano fu condannato a 22 anni. Da 13 anni è presidente dell’Arci di Livorno e per 10 anni è stato consigliere comunale prima con i Ds e poi con il Pd. Nel 2010 il sindaco Cosimi lo ha nominato garante dei detenuti.

IL FATTO QUOTIDIANO del 23/01/2013: Pd, ex Prima Linea candidato assessore a Livorno. Ma il partito lo boccia

il fatto quotidiano

Pd, ex Prima Linea candidato assessore a Livorno.
Ma il partito lo boccia

Il sindaco Alessandro Cosimi, costretto a un rimpasto di giunta, voleva nominare Marco Solimano, ex terrorista da 13 anni alla guida dell’Arci locale. Ma i democratici, visto il periodo elettorale e a seguito delle polemiche dopo i funerali di Gallinari, si è opposto

di Emiliano Liuzzi | 23 gennaio 2013

Un ex terrorista nominato assessore alle politiche sociali a Livorno. La decisione era venuta da Alessandro Cosimi, sindaco Pd costretto ad un rimpasto in giunta. E se in altre occasioni la scelta sarebbe passata sotto silenzio, al massimo con qualche polemica locale, l’onda lunga delle proteste del post funerale di Prospero Gallinari ha travolto anche il comune toscano. Neanche il tempo di annunciare la nomina di Marco Solimano, 61 anni ed ex militante del gruppo terroristico Prima Linea, da 13 anni alla guida dell’Arci locale, che già la direzione del Partito Democratico ne ha imposto la bocciatura. Una nottata di discussioni e telefonate dai toni accesi e poi la scelta di bloccare la nomina.

La decisione annunciata dallo stesso sindaco “per non creare polemiche”, è il risultato di lunghe contrattazioni che lasciano l’amaro in bocca a Solimano che ha annunciato comunque la sua presenza in consiglio perché, ha detto, “ho qualcosa da dire”. Le mediazioni hanno portato ad una scelta di prudenza da parte del Pd che teme strumentalizzazioni sul passato del candidato assessore. A nulla è servito mettere sulla bilancia i tredici anni a guida dell’Arci di Livorno, il passato da consigliere comunale prima per i Ds e poi del Pd stesso e l’attuale nomina come garante dei detenuti del Comune: Solimano ha un passato scomodo e il Pd non può permettersi gaffe a poco più di un mese dal voto. A influenzare i dirigenti democratici, le polemiche che hanno accompagnato la riunione degli ex-brigatisti sulla tomba di Prospero Gallinari a Reggio Emilia. “Hanno offeso la città”, ha fatto sapere il sindaco reggiano Graziano Delrio, dalle non poche influenze a livello nazionale, e così il partito si è adeguato.

A dissociarsi dalla decisione del sindaco Alessandro Cosimi sono state infatti le dirigenze nazionale e regionale del partito stesso, temendo un effetto boomerang in un periodo delicato a livello elettorale. Dura la reazione anche dei familiari delle vittime, i quali, attraverso la voce di Mariella Magi Dionisi, vedova dell’agente Dionisi e presidente dell’associazione “Memoria”, hanno fatto sapere che, le persone come Solimano, dovrebbero avere “il buongusto di fare un passo indietro. Visto che hanno avuto molto, e a differenza di altri, hanno soprattutto la vita”. La nomina ad assessore derivava dal suo passato di grande attività nell’ambito sociale cittadino. A macchiare però la sua carta d’identità è stata l’appartenenza negli anni ‘70 al gruppo terroristico Prima Linea: Solimano è stato ritenuto parte del gruppo che organizzò l’assalto durante un tentativo di evasione dal carcere delle Murate il 20 gennaio 1078, quando perse la vita l’agente Fausto Dionisi.

Il candidato assessore è tra i primi ad aver preso le distanze dall’utilizzo delle armi per la lotta politica e ha sempre rivendicato il suo non aver mai toccato una pistola. 22 anni è la condanna che ha dovuto scontare. Se il Pd ha scelto una dura presa di posizione, a sostenere Solimano erano i consiglieri di Sel e Marco Taradash, esponente del Pdl in Consiglio Comunale, il quale aveva dichiarato: “Personalmente nessuna obiezione, Solimano è una persona integrata nella società politica da decenni. Credo che non ci siano problemi perché possa fare l’assessore”. Così dai banchi di Sinistra Ecologia e Libertà si era fatto presente che Solimano ha già scontato il suo debito con la giustizia ed “è un cittadino come tutti gli altri”. Troppe però le polemiche accese in poche ore. La paura che l’ennesimo passo falso in periodo di campagna elettorale possa danneggiare Pierluigi Bersani, ha spinto il Pd a prendere la più drastica delle decisioni. Solimano è fuori senza possibilità di appello.

AGENZIA NAZ DI STAMPA ADNKRONOS del 23/01/2013: SAP, bene stop a nomina in Giunta per Solimano

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LIVORNO: SAP, BENE STOP A NOMINA IN GIUNTA PER SOLIMANO

Roma, 23 gen. (Adnkronos) – “Prendiamo positivamente atto della mancata nomina di Solimano ad assessore. Meglio, a questo punto, chiamare in giunta uno dei tanti operai cassaintegrati delle acciaierie Lucchini, gente che conosce molto bene i problemi del sociale e della casa’. Lo dichiara Luca Tommasin, segretario provinciale livornese del sindacato di polizia Sap commentando il passo indietro dell’ex terrorista Marco Solimano, che non sara’ assessore al Comune di Livorno.
‘La nomina di Solimano – dice Tommasin – che ha fatto parte dell’organizzazione terroristica Prima Linea, avrebbe costituito una assoluta mancanza di rispetto per la memoria dei tanti cittadini onesti, dei tanti lavoratori, dei tanti poliziotti, magistrati, politici, sindacalisti e giornalisti che sono morti negli anni di piombo’.
‘Non basta essere onesti in politica – conclude – a mio avviso le storie delle persone e il loro passato non possono essere sottaciuti. Specie se si ricopre un incarico politico o istituzionale’. (Sin/Opr/Adnkronos) 23-GEN-13 13:48

BLITZ QUOTIDIANO del 23/01/2013: Livorno, ex terrorista Prima Linea Solimano non sarà assessore: “Resto da parte”

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Livorno, ex terrorista Prima Linea
Solimano non sarà assessore:
“Resto da parte”

 

LIVORNO – Marco Solimano, 61 anni, ex terrorista di Prima Linea condannato a 19 anni di carcere, non sarà assessore a Livorno. “Faccio un passo indietro”, ha annunciato dopo la bufera scoppiata su una sua eventuale nomina al Sociale da parte del sindaco Cosimi, alle prese con l’ennesimo rimpasto di giunta.

Solimano, già presidente dell’Arci, poi consigliere comunale (Ds e Pd) e attuale garante dei detenuti del comune sceglie di non alimentare le polemiche.

Ipotesi piuttosto infelice quella vagliata dal sindaco di Livorno Alessandro Cosimi (Pd) per il rimpasto della sua giunta ancora traballante. Anche se non ha “mai preso in mano una pistola”, giura Solimano, era praticamente impossibile superare il blocco di resistenze creatosi tra i parenti delle vittime del terrorismo ed alcuni esponenti del centrosinistra che sostengono la giunta Cosimi.

Solimano si è dissociato molti anni fa dalla lotta armata, dopo essere stato condannato nel processo alla struttura toscana di Prima Linea. E’ lo stesso gruppo che organizzò l’assalto al carcere fiorentino delle Murate del 20 gennaio 1978 durante il quale venne ucciso l’agente di polizia Fauso Dionisi, commemorato proprio domenica scorsa.

Mariella Magi Dionisi, vedova dell’agente ucciso e presidente dell’associazione “Memoria” che riunisce parenti di vittime del terrorismo si era detta “senza parole”. La vedova aveva commentato l’ipotesi di una nomina a Solimano così: “Sono scelte che lasciano perplessi e senza parole – dice Mariella Magi Dionisi – a parte quelle che usò il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano incontrando i familiari delle vittime e cioè che ci vorrebbe il buongusto, da parte di chi prese le armi, di stare un passo indietro. Visto che, tra l’altro, hanno avuto molto, tutto, e a differenza di altri hanno soprattutto la vita”.

ON TUSCIA del 28/03/2013: Acquapendente, commemorazione Fausto Dionisi: minoranza critica con Amministrazione

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Acquapendente, commemorazione Fausto Dionisi: minoranza critica con Amministrazione

 ACQUAPENDENTE – Presso la Città di Firenze si è tenuta la celebrazione del trentesimo anniversario dell’uccisione del Maresciallo aquesiano di Pubblica Sicurezza Fausto Dionisi. Nel ricordare l’importanza di quanto è avvenuto, i consiglieri di minoranza Aldo Bedini, Franco Ferri, Alessandro Brenci, Sergio Iacoponi trovano anche modo per criticare la posizione dell’Amministrazione Comunale di Acquapendente. E lo fanno con una breve lettera aperta ai cittadini. “Nel Telegiornale delle 20.30 trasmesso sul RTV 38”, sottolineano, “è stato trasmesso un breve servizio sulla cerimonia tenutasi a Firenze in occasione del trentesimo anniversario dell’uccisione del nostro concittadino Maresciallo di Pubblica Sicurezza Fausto Dinisi.

 Ad Acquapendente, invece, c’è stato un silenzio di tomba da parte delle Autorità cittadine, troppo impegnate, forse, in altre faccende. E dire che quando fu intitolato al Dionisi il piazzale-parcheggio di Via dell’Annunziata, fu fatto un Consiglio Comunale aperto sotto il tendone che c’era allora, con ampia partecipazione di studenti, alla presenza del Questore di Viterbo ed Agenti di Pubblica Sicurezza a cavallo. Il tempo passa e, purtroppo, è facile dimenticarsi di chi ha donato la propria vita in difesa della nostra incolumità. Ma questo non è giusto e riteniamo che era dovere dell’Amministrazione commemorare questa gloriosa circostanza come giustamente meritava. Imperdonabile omissione!”.

LETTERA 43 del 23/1/2013: Livorno, ex terrorista rinuncia all’assessorato

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IL PASSO INDIETRO

Livorno, ex terrorista rinuncia all’assessorato

Solimano convinto dalle polemiche dopo la sua nomina al Sociale.

Da terrorista di estrema sinistra ad assessore. Dalla lotta armata con Prima linea, ai palazzi del potere livornesi. La nomina di Marco Solimano aveva suscitato sdegno, specialmente tra i familiari delle vittime degli Anni di Piombo, e aveva creato imbarazzo nel Partito democratico.Così, il diretto interessato ha deciso di rinunciare all’incarico. A dare l’annuncio il sindaco di Livorno, Alessandro Cosimi.

«FATTI VECCHI DI 30 ANNI». Un passo indietro fatto «per la canea che si è sviluppata sulla sua nomina, che lo riporta indietro di 30 anni». Solimano era stato scelto nell’ottica di un rimpasto di giunta reso necessario dalle dimissioni dell’assessore al sociale Gabriele Cantù e di quello dell’ambiente e urbanistica Mauro Grassi.

Il sindaco Cosimi ha quindi spiegato che questa vicenda «è una ferita personale. Avevo chiesto a Marco di prendersi l’incarico perché penso che sarebbe stato il miglior assessore al sociale in questa situazione di crisi, e questo è un giudizio politico non emotivo. Marco è, e rimarrà, il garante dei detenuti del Comune».

UN SOLO NUOVO ASSESSORE. Al momento entra in giunta quindi un solo neo assessore, l’ex capogruppo Pd in consiglio comunale Massimo Gulì con le deleghe ad ambiente, energia e protezione civile. L’urbanistica è passato nelle mani del vicesindaco Bruno Picchi, che si è diviso anche le deleghe al sociale con Carla Roncaglia, attuale assessore alle Politiche educative.

NENCINI CANDIDATA LA VEDOVA DI DIONISI. Il segretario nazionale del Partito socialista, Riccardo Nencini, aveva avanzato la proposta di portare in giunta Mariella Magi Dionisi, vedova del poliziotto Fausto Dionisi e presidente dell’associazione ‘Memoria’ che raccoglie alcuni parenti di vittime del terrorismo. «Ho condiviso il suo stupore di fronte alla notizia della candidatura di Solimano», ha detto Nencini, «la vorrei in giunta. Un segno di attenzione all’Italia che era dalla parte giusta».

Mercoledì, 23 Gennaio 2013

PANORAMA del 25/1/2013: Marco Solimano candidato (poi trombato) dal Pd

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Marco Solimano candidato (poi trombato) dal Pd

L’ex terrorista di Prima Linea accusa: “Sono vittima del fuoco amico. Ho dovuto rinunciare alla nomina ad assessore”

di Nadia Francalacci

La nomina di Marco Solimano, ex terrorista di Prima linea condannato a 22 anni di carcere, ad assessore alla Casa e al Sociale del Comune di Livorno ha scatenato il caos nel Pd. E lo sdegno nei familiari delle vittime del terrorismo e nella Polizia di Stato.

Solimano fra gli anni Settanta e Ottanta, con il fratello Nicola ha fatto parte di una delle più violente organizzazioni terroristiche di estrema sinistra che fra le sue vittime annovera il poliziotto Fausto Dionisi, ucciso a Firenze il 20 gennaio 1978, durante un tentativo di evasione dal carcere delle Murate. Solimano esce dal carcere nel 1987 e chiude definitivamente il suo percorso giudiziario nel 1995. Da allora inizia il suo impegno per il sociale:presidente dell’Arci, Garante per i diritti dei detenuti della casa circondariale labronica e per gli alloggi popolari.

Oggi, ha 61 anni e vive a Livorno con la sua famiglia. E’ diventato padre e nonno di 2 bambine gemelle di 2 anni.

Solimano, lei non immaginava che la sua nomina ad assessore del Comune di Livorno potesse far infuriare i vertici del Pd?
“Assolutamente no. Anzi. Quando sono cominciate ad arrivare le proteste e i primi pareri contrari dal Pd regionale ho provato come un senso di vertigine, di incredulità per il veto che hanno imposto. Sono entrati a gamba tesa sulla mia nomina gridando l’inopportunità, in questo momento storico-politico, della mia persona a ricoprire quell’incarico politico. Sono rimasto interdetto dall’atteggiamento del partito, mi sono sentito come la vittima del fuoco amico.”

Lei crede che sia dipeso esclusivamente dal periodo di campagna elettorale?
“Sì, dalla campagna elettorale e dalle polemiche che sono state sollevate dal funerale del terrorista Prospero Gallinari morto qualche giorno fa…”

Lei si aspettava la nomina del sindaco Alessandro Cosimi (Pd) ad assessore alla Casa e al Sociale?
“No, è stata una proposta inaspettata. Sono stato contattato dal sindaco solo pochi giorni prima del Consiglio comunale e il mio incarico sarebbe durato poco più di un anno, praticamente fino alla fine legislatura. Sono stato scelto per il mio impegno nel sociale e per la conoscenza che ho acquisto in così tanti anni delle problematiche degli alloggi popolari”.

Lei, punta il dito sul Pd ma si sente anche fortemente amareggiato…
“Io mi sono riscattatato. Il passato di Prima Linea è lontano, mi sono costruito una vita e una famiglia ma soprattutto mi sono dedicato completamente ad aiutare coloro che avevano bisogno, le fasce più deboli della società. Ho dedicato tutta la mia vita, gli ultimi 30 anni alla mia città. Dover rinunciare mi è costato molto ma ho fatto un passo indietro perché così ha deciso il Pd. Ma voglio che sia chiara una cosa: tutti siamo “ex” di qualcosa e tutti gli “ex” vengono socialmente riabilitati eccetto i terroristi. Che non riescono mai a diventare “ex”.. siamo bollati. Insomma gli ex terroristi si portano uno stigma sociale

Ma lei avrebbe mai rinunciato alla carica di assessore se ad indignarsi non fossero stati i vertici del partito bensì i familiari delle vittime di Prima Linea?
“Assolutamente no. Non avrei mai rinunciato”

Perché?
“Siamo in uno Stato di diritto. Alle lettere dei familiari delle vittime del terrorismo io non ho mai risposto, sono rimasto in silenzio. Capisco il loro dolore e comprendo quella che può essere la loro reazione. Ma l’Italia, ripeto è uno Stato di diritto e la mia nomina è nata nel diritto. Non si può governare un paese come il nostro con l’emotività. E’ l’emotività che muove i familiari delle vittime”.

“Non è rabbia e neppure dolore ma solamente sconcerto – tuona Mariella Magi la vedova di Fausto Dionisi, il poliziotto ucciso a Firenze dai terroristi di Prima Linea – come può la politica anche solo pensare di poter candidare una persona con un passato da terrorista?”.

“Domenica scorsa è stato l’anniversario della morte di Fausto – prosegue Mariella Magi Dionisi che ricopre anche la carica di Presidente dell’Associazione “Memoria” che riunisce tutti i parenti di vittime del terrorismo in Italia – sono passati trentacinque anni e il pensiero che mi viene è che il ‘fine pena mai’ l’ha avuto solo mio marito. Sono senza parole. Uso quelle che il Presidente Napolitano ha pronunciato incontrando le famiglie delle vittime del terrorismo ovvero ‘chi ha preso le armi dovrebbe saper restare un po’ in disparte’”.
Poi conclude: “Ci vorrebbe decisamente un po’ di buon gusto perché certe persone hanno avuto molto, hanno avuto una seconda possibilità e soprattutto hanno ancora la propria vita da vivere. Hanno avuto tutto, gli è stato concesso tutto”.

Il poliziotto Fausto Dionisi quando è stato ucciso aveva 24 anni e una bambina di 2 anni e mezzo.

 

LA NAZIONE del 18/10/2011: Intervista alla Presidente di Memoria sui fatti di Roma

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ARTICOLO LA NAZIONE INTERVISTA A MARIELLA MAGI DIONISI FATTI DI ROMA del 18 ottobre 2011

LA REPUBBLICA del 9/5/2011: Lo Stato siamo noi

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Lo Stato siamo noi

di MIGUEL GOTOR

SI CELEBRA oggi il quarto anniversario del “Giorno della memoria” per le vittime del terrorismo, fortemente voluto dal presidente della Repubblica all’inizio del suo mandato. L’appuntamento di quest’anno costituisce un “omaggio particolare ai servitori dello Stato che hanno pagato con la vita la loro lealtà alle istituzioni repubblicane”. Anzitutto i magistrati, caduti per “difendere la legalità democratica” come ha scritto il Capo dello Stato Giorgio Napolitano.

Il presidente della Repubblica ricorda che la sua decisione di commemorare tali personalità “costituisce anche una risposta all’ignobile provocazione del manifesto affisso nei giorni scorsi a Milano, innanzitutto una intollerabile offesa alla memoria di tutte le vittime delle Br, magistrati e non”, e invoca “senso della misura e della responsabilità da parte di tutti”. Senso della misura che, ancora una volta, è stato oltrepassato proprio in queste ore dal presidente del Consiglio, il quale ha ribadito che “i pm di Milano sono un cancro da estirpare” e, in un comizio a Olbia, ha denunciato che in Italia sarebbe in atto una “guerra civile” contro di lui e il suo partito. Tutto ciò avviene, come ha giustamente sottolineato il presidente della Camera, Gianfranco Fini, alla vigilia del 9 maggio, in cui si vuole onorare quel sangue versato in difesa della democrazia e della libera convivenza civile.

I magistrati e non solo, perché servitori dello Stato sono anche le forze dell’ordine

che oggi sono commemorate insieme con loro al Quirinale. Una fra tante, il poliziotto Fausto Dionisi, ucciso nel 1978 a Firenze da un commando di Prima Linea. Lo sguardo di sua moglie Mariella non l’ho ancora dimenticato: nei suoi occhi non c’era odio, ma dolore, non vendetta, ma smarrimento, non rabbia ma umiliazione. Era il 26 giugno 2008, presso la sede della Regione Toscana, durante un seminario su “Il caso Moro: riconciliare l’Italia”. Il marito, quando morì, aveva 24 anni, lei 22, una figlia di 2 anni da crescere da sola: una vita rubata, una famiglia distrutta. Per sempre.
L’indignazione della donna derivava dal fatto che Sergio D’Elia, condannato per concorso nell’omicidio di suo marito a 25 anni di carcere, di cui ne aveva scontati dodici, non solo nel 2006, grazie alla nuova legge elettorale, era stato “nominato” deputato nelle file della Rosa nel pugno, ma l’assemblea l’aveva addirittura eletto segretario della presidenza dell’Aula di Montecitorio. Una scelta politica inopportuna e una prova di insensibilità istituzionale perché un ex dirigente di Prima Linea, efferato gruppo terroristico, non avrebbe dovuto essere proposto e votato dai suoi colleghi a quella carica, un gesto destinato inevitabilmente a trasformarsi in un’ulteriore umiliazione per i familiari delle sue vittime. E così era avvenuto.

Anche questo episodio ricorda quanto sia importante il “Giorno della memoria”. Riconciliare e ricordare, ma anche risarcire una ferita che c’è stata in passato fra cittadini e istituzioni. Qualunque discorso di riconciliazione ha il dovere di passare da questa stazione, partire da una simile assunzione di responsabilità, farsi carico di un disagio e di un silenzio che troppo a lungo hanno gravato su queste storie spesso cadute nell’oblio. È importante questa cerimonia per dare carne e volto, e dunque un senso, all’espressione “servitore dello Stato”, che altrimenti rischierebbe di suonare retorica. Essa ci ricorda che lo Stato siamo noi, con le nostre responsabilità, ma anche con le nostre colpevoli indifferenze: il “Nostro Stato” si intitolava la rubrica di Carlo Casalegno, ucciso dalle Br nel 1977, ed è giusto non dimenticarlo mai.

La vicenda di Dionisi è rappresentativa della storia di centinaia di familiari, molto spesso emigrati dal sud al nord della penisola alla ricerca di un lavoro: vedove, padri, madri, fratelli, figli, che si sono trovati all’improvviso soli e spaesati in una città distante dai loro affetti di sempre, abbandonati col fardello del proprio dolore. È una folta schiera di morti anonimi che non hanno neppure il risarcimento postumo di un prestigio riconosciuto al loro congiunto dalla pubblica opinione. Sono la maggioranza: non sempre i familiari di costoro hanno gli strumenti intellettuali, la formazione culturale e la forza psicologica necessari per arrivare a un’elaborazione del lutto in grado di trasformarsi in energia costruttiva e quindi sono ancora più indifesi e fragili, ma ciò non può trasformarsi in una colpa.

La loro storia fa capire che, anche nel dolore e nella sua elaborazione, l’appartenenza di classe e la provenienza sociale contano, continuando a marcare un invisibile confine tra garantiti e non garantiti. Forse è questo l’aspetto più bello e misconosciuto della cerimonia del 9 maggio: una fotografia, uno straordinario spaccato di tutti i volti e le storie dell’Italia repubblicana che viene riunita dal Capo dello Stato e mostra la sua anima degna e autenticamente popolare. Almeno per un giorno quel confine scompare e tutti sono ricordati con la stessa intensità. Di fronte a questa esperienza, emotivamente forte per chi ha avuto la possibilità di parteciparvi, le polemiche sulla ritualizzazione della cerimonia e sull’uso pubblico del dolore delle vittime appaiono fuori fuoco: ora esiste uno spazio istituzionale che prima non c’era, a disposizione di ognuno per essere riempito con una riflessione la cui qualità è determinata dalla sensibilità civile e politica con la quale i diversi soggetti preferiscono partecipare a questo appuntamento. E le affermazioni di Berlusconi, volte a racimolare un pugno di voti, risultano incredibilmente inadeguate al ruolo istituzionale rivestito, tanto che hanno suscitato lo smarcamento anche di Bossi. In questi giorni “la Repubblica” ha opportunamente dedicato a ognuno dei magistrati caduti durante gli anni del terrorismo un ritratto biografico per costruire un punto tra passato e presente, e ricordare il profilo civile di questa mobilitazione. Una scelta che le parole del presidente del Consiglio rendono non solo attuale, ma necessaria perché questo Paese avrebbe oggi bisogno come non mai di unità e non di divisione, di moderazione e non di pulsioni destabilizzanti. Questo Paese e il nostro Stato.

(La Repubblica 9 maggio 2011)

AGENZIA NAZ DI STAMPA ANSA del 19/1/2010: Terrorismo, Vedova Dionisi a Maroni cercate i latitanti

ANSA

 TERRORISMO:
VEDOVA DIONISI A MARONI,
CERCATE I LATITANTI

MARITO FU UCCISO DA PRIMA LINEA IN ASSALTO A CARCERE FIRENZE (ANSA) – FIRENZE, 19 GEN – Mariella Magi, vedova di Fausto Dionisi, l’agente di polizia ucciso a 23 anni, il 20 gennaio 1978, a Firenze da un commando di Prima Linea durante un tentativo di evasione dal carcere delle Murate, ha scritto al ministro dell’Interno Roberto Maroni per chiedere che lo Stato non cessi di cercare i terroristi latitanti. La lettera coincide con il trentaduesimo anniversario dell’uccisione del marito. “Io – scrive Mariella Magi – vedova di un agente di polizia ucciso dai terroristi avrò prima o poi il diritto di vedere in faccia chi ha materialmente fatto fuoco su mio marito? E’ il caso di Franco Coda condannato all’ergastolo ma latitante da 32 anni. Fuggito in Sudamerica e a Cuba, di fatto è sparito nel nulla e apprendo che la sua famiglia ha ottenuto la dichiarazione di morte presunta”. Coda, secondo la ricostruzione dei processi come riporta la vedova, faceva parte del commando che sparò su Dionisi e sarebbe stato sparato da lui il proiettile che uccise l’agente. Nel 2008 Coda è stato dichiarato ‘morto presunto’ dopo una richiesta dei parenti per risolvere una questione ereditaria. “Vorrei, signor ministro – scrive Magi – che così come si combattono e si scovano molti mafiosi latitanti, altrettanto si riuscisse a fare con i terroristi latitanti. Non basta una burocratica sentenza di un tribunale civile a chiudere una vicenda di sangue rimasta per troppo tempo dimenticata. Chiedo, anche a nome dei familiari delle troppe vittime innocenti del terrorismo di non chiudere per sempre il caso Franco Coda ma di arrivare una volta per tutte all’accertamento della sua sorte”. La vedova di Fausto Dionisi fa anche notare che “ci sono stati processi nei tre gradi di giudizio, la giustizia ha fatto il suo corso ma il vero ergastolo è stato interamente applicato a Fausto e ai suoi familiari”. (ANSA).

AGENZIA NAZ STAMPA ANSA del 28/10/2010: Chiama Corriere Firenze, siamo BR, Vedova Dionisi, non stupita

ANSA

CHIAMA CORRIERE FIRENZE, SIAMO BR; VED.DIONISI, NON STUPITA

(ANSA) – FIRENZE, 28 OTT – ”Nessuna sorpresa” da parte dell’Associazione Nazionale Memoria, che raggruppa tutte le famiglie delle forze dell’ordine e della magistratura vittime dei terroristi, la cui sede e’ a Firenze, in merito alla telefonata ricevuta mercoledi’ dalla redazione de ‘Il Nuovo Corriere di Firenze’. ”Ormai da anni – sottolinea la presidente Mariella Magi Dionisi, vedova dell’agente di polizia Fausto Dionisi ucciso durante l’agguato del 20 gennaio 1978 al carcere fiorentino delle Murate – assistiamo ad una ripresa del fenomeno su piu’ linee: da quella della ‘ripulitura’ delle fedine penali degli ex terroristi, con il loro riciclaggio, anche politico, come nel caso del mandante, riconosciuto, dell’uccisione di mio marito, il radicale Sergio D’Elia, uscito di carcere, eletto parlamentare nelle file del PD, e premiato anche con l’incarico istituzionale di segretario della Camera dei Deputati, alle telefonate anonime a redazioni giornalistiche rivendicando azioni che sono estranee al dna dell’Italia e degli italiani. Non dobbiamo mai abbassare la guardia, come da sempre noi familiari delle vittime facciamo e come, da sempre, chiediamo alle Istituzioni e agli italiani di fare”. (ANSA).

CORRIERE DELLA SERA del 15/10/2010: Nuova richiesta di Grazia da parte di terroristi

testata corriere della sera

Nuova richiesta di Grazia da parte di terroristi

Il Corriere della Sera qualche ora fa ha contattato la Presidente dell’Associazione Memoria, la Signora Mariella Magi Dionisi, per avere il suo commento alla ennesima domanda di grazia dell’ennesimo Terrorista che vuole pulirsi la fedina penale, togliersi una condanna all’ergastolo e tornare a vivere una vita normale.

Ai terroristi lo Stato concede di rivivere una vita normale, ma non alle famiglie e soprattutto ai Caduti per lo Stato.

“E’ una vera e propria barbaria” ha commentato la Presidente Magi Dionisi.

“Non solo – ha proseguito – perche lo Stato chiedendoci il nostro parere ci fa rivivere il dramma della perdita del nostro caro, morto nell’adempimento del suo servizio, ma perché proprio lo Stato dovrebbe buttare via la chiave e non fargli più uscire. Ma c’è di più: anche quando la famiglia della vittima dà parere negativo questa non viene ascoltata. E’ un esempio il caso della mia famiglia che nonostante il nostro parere negativo si è ritrovato il giustiziere di mio marito libero, e non solo, eletto parlamentare nelle fila del Partito Democratico e poi anche premiato con la carica istituzionale di Segretario della Camera dei Deputati. Una bella carriere per un terrorista, mentre le famiglie delle vittime sono ancora in attesa di vedere rispettate alcune leggi che prevedono assunzioni e riconoscimenti per i nostri figli rimasti orfani per lo Stato”.

“In America, quando un familiare dà parere negativo alla richiesta di grazia lo Stato ne tiene conto. In Italia no, si chiede e non se ne tiene conto”.

“E’ come se riucidessero per la seconda volta i nostri cari, torturando nuovamente noi mogli e i nostri figli, cresciuti senza un padre”, è stato il commento finale della Vedova dell’agente Fausto Dionisi, ucciso nel gennaio del 1978 che lasciò anche una bambina di soli due anni.

La Nazione 31/08/2010: Gli ex terroristi come le star di un reality – articolo del Prefetto di Firenze Padoin

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Testata La NazioneLa Nazione articolo Prefetto Padoin 31 ottobre 2010

 

 

 

 

Messaggio del Presidente della Provincia di Foggia Antonio Pepe

Presidente della Provincia di Foggia Antonio PepeMessaggio del Presidente della Provincia di Foggia Antonio Pepe
per il Giorno della Memoria dedicato alle Vittime del Terrorismo

 
Il “Giorno della memoria” dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi è il giorno del sostegno morale e della vicinanza umana che l’Italia deve alle famiglie dei caduti e dei martiri.

E’ il giorno della riflessione su quel che il nostro Paese ha vissuto in anni tra i più angosciosi della sua storia e che non vuole mai più, in alcun modo, rivivere.

Un pubblico riconoscimento che l’Italia deve tributare ai suoi figli strappati alla vita durante un periodo di tempo importante per la storia democratica e repubblicana del nostro Paese in cui, purtroppo, il terrorismo, ferocemente, seminò lutto e dolore.

Il terrorismo serpeggiante in Italia a partire dalla fine degli anni Sessanta, e infine esploso come estrema degenerazione della violenza politica delle stragi di quella matrice e della lunga trama degli attentati, degli assassinii, dei ferimenti che insanguinarono le nostre città.

L’obbiettivo che i gruppi terroristici così perseguivano era quello della destabilizzazione e del rovesciamento dell’ordine costituzionale.

Questa giornata si celebra non a caso il 9 maggio che rappresenta, nella memoria di questo Paese una delle pagine più oscure della sua storia.

L’assassinio di Aldo Moro per mano delle Brigate Rosse le quali colpirono il perno principale del sistema politico e istituzionale su cui poggiava la democrazia repubblicana.

La storia, fortunatamente, li ha sconfitti m a non possiamo certo abbassare la guardia di fronte a nuovi riflussi terroristici che, pure, in Italia e in anni recentissimi hanno dato dimostrazione di presenza e operatività.

In questa giornata bisogna ricordare uomini e donne non solo come vittime ma anche come persone, che hanno vissuto, hanno avuto i loro affetti, il loro lavoro, il loro posto nella società, prima di cadere per mano criminale.

Le ricordiamo tutte, come vittime e come persone, dalle più note ed illustri alle più modeste, facilmente rimaste più in ombra.

Tutte, qualunque fosse la loro collocazione politica e qualunque fosse l’ispirazione politica di chi aggrediva e colpiva.

Guai, dunque, a non mantenere viva la fiamma della memoria poichè fondamentale è evitare il rischio rimozione che troppo spesso la nostra amata Italia ha corso.

Occorre opporre a questo pericoloso fermentare di rigurgiti terroristici la cultura della convivenza pacifica, della tolleranza politica, culturale, religiosa, delle regole democratiche, dei principi, dei diritti e dei doveri sanciti dalla Costituzione repubblicana.

E occorre ribadire e rafforzare, senza ambiguità, un limite assoluto, quello del rispetto della legalità, non essendo tollerabile che anche muovendo da iniziative di libero dissenso e contestazione si varchi il confine che le separa da un illegalismo sistematico e aggressivo.

E’ necessario trasmettere alle giovani generazioni la memoria di questa parte oscura di storia italiana e il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, che quest’anno celebriamo, deve anche essere occasione per non soffermarsi alle sole celebrazioni.

L’Italia si è unita anche attraverso il contributo di sangue delle vittime del terrorismo, di una forza che mirava a sovvertire l’ordine democratico di questo Paese che ha, invece, saputo reagire con forza rimarcando ancor di più la sua unità e superando una fase cruciale che quegli anni hanno rappresentato.

Queste sono le ragioni per cui si deve dar voce a chi ha subito la violenza del terrorismo, a chi ha avuto la vita spezzata dalla co siddetta strategia della tensione, ai familiari delle vittime e anche a quanti sono stati colpiti, feriti, sopravvivendo ma restando per sempre invalidati.

Si deve dar voce a racconti di verità sugli ‘anni di piombo’, ricordando quelle terribili vicende come sono state vissute dalla parte della legge e dello Stato democratico.

Solo così, con questo rispetto per la memoria e con questa vicinanza alle persone che hanno sofferto, si potrà rendere davvero omaggio al sacrificio di tanti.

E’ qui il significato del 9 maggio ‘Giorno della memoria’ che oggi insieme celebriamo. 

Il Presidente della Provincia di Foggia

                    Antonio Pepe

Chi ha ucciso i servitori dello Stato paghi senza sconti!

amato lamberti presidente provincia di napoli

CHI HA UCCISO I SERVITORI DELLO STATO

PAGHI SENZA SCONTI !

 

BASTA CON INDULTO E AMNISTIA SI E’ PASSATO IL COLMO DELLA MISURA

 

E’ apparso sul quotidiano “ROMA” di Napoli del 17 marzo 2007 un’intervista all’ex presidente della Provincia napoletana, Amato Lamberti.

Nel corso dell’intervista il predetto si è espresso in termini a dir poco offensivi nei confronti delle famiglie delle vittime del terrorismo, con affermazioni del tipo:” i familiari delle vittime non si ergano a giudici….probabilmente avrebbero voluto qualcosa, che so, una statua, o qualche strada intitolata….cosa avrebbero voluto, che fossero uccisi i colpevoli di reati ?”.

Il tutto in un intervento che aveva espresso intento apologetico riguardo la presenza di Curcio a Napoli in qualità di conferenziere per la sua casa editrice.

Questo intervento ci sembra davvero il colmo della misura.

Se poi ad esso aggiungiamo la proposta di chiudere un periodo, che tanti lutti ha causato, con l’amnistia, davvero siamo senza parole ! Come si può chiudere un periodo se non si sanno ancora chi sono gli assassini, non sono state dette verità e molti sono ancora latitanti?

Abbiamo subito impotenti ed inermi la prima fase della lotta armata a fini eversivi e ne abbiamo pagato il prezzo con il sangue dei nostri cari.

Abbiamo subito impotenti ed inermi la seconda fase dell’eversione nelle aule di giustizia, nel corso della quale è stata creata l’equazione “verità contro sconti di pena”: abbiamo visto pentiti, dissociati, irriducibili. E’ stato consentito loro di graduarsi la pena in funzione persino delle necessità di ognuno, e la casistica è infinita. Abbiamo visto creare ben 13 leggi a loro favore!

Ci hanno fatto passare per irriducibili forcaioli, attribuendoci la colpa di non aver voluto aderire all’ideale cristiano del perdono, quando invece si trattava di uno strumento di redenzione della colpa che nessuno di noi poteva amministrare.

Siamo oggi al culmine della terza fase, fase per vero che già da un pezzo è cominciata.

Agli ex terroristi vogliono attribuire o attribuirsi la qualità di intellettuali, proponendosi come portatori di opinioni giuste e verità sacrosante; vogliono pretendere, loro, di insegnarci quali siano i veri fondamenti della democrazia e della convivenza civile.

Noi dovremmo accettare passivamente queste presunte verità, permettendo che l’opinione pubblica di questo Paese dimentichi i fatti ?

L’operazione è fine, sottile. E il pericolo è alto.

Dimenticare, cancellare i fatti con un subdolo colpo di spugna, questo vogliono fare.

Quando invece l’unico fatto, certo ed incontrovertibile, è l’assassinio di mezzo migliaio di persone ed il ferimento di tanti altri.

Questa è stata l’ unica vera certezza della pena che solo noi e i nostri morti abbiamo dovuto subire!

Abbiamo apprezzato e plaudito all’autorevole intervento del Capo dello Stato, che ha chiesto per noi rispetto: ha detto senza mezzi termini che è ora di finirla.

Ma non è bastato.

La nostra Costituzione fissa un principio, indefettibile: la pena deve tendere alla rieducazione del condannato.

Per principio, alla rieducazione non può fare seguito la santificazione.

Ciò significa, a nostro avviso, che chi è stato condannato per reati di sangue e di eversione dell’ordine democratico non può uscire di galera, ammesso che ne abbia mai scontato in proporzione alle colpe commesse, ed assumere il ruolo di intellettuale, di deputato o quant’ altro propugnando le idee che hanno sorretto le azioni per le quali è stato condannato.

Questa è apologia. Apologia del terrorismo.

Anche questo è un fatto.

Noi ci opponiamo. Continueremo ad opporci con tutte le nostre forze.

La memoria dei caduti degli anni di piombo di questo Paese non può essere ulteriormente vilipesa e dileggiata.

Non ci possono gabellare le loro verità.

La verità è una sola, ed è in parte scritta nelle condanne irrogate a carico di questi soggetti.

E’ una verità parziale, forse solo ancora un principio di verità, perchè ancora molto rimane da scoprire e disvelare.

Ma è l’unica certezza, l’unico punto fermo, l’unico dato di fatto incontrovertibile che abbiamo, e lo difenderemo.

Siamo ormai una rete, siamo un muro, certo non di gomma, siamo all’erta, vigili, li teniamo d’occhio.

Non vogliamo, non dobbiamo, non possiamo abbassare la guardia.

Non lo faremo, in memoria dei nostri cari.

Che ci provino, adesso, a mettere a tacere anche noi.

Il Consiglio Direttivo, Il Presidente e tutti i soci di Memoria,

associazione familiari Forze dell’Ordine e Magistrati assassinati dai terroristi.

 e

Lorenzo Conti

figlio dell’ex Sindaco di Firenze , Lando, assassinato dalle BR 20 anni fa

Convegno sulle Brigate Rosse: cosa rimane ai familiari di coloro che le hanno combattute?

Convegno terrorismo Tuoro 2006DISCORSO DELLA PRESIDENTE DI “MEMORIA”  MARIELLA MAGI DIONISI 
 AL
CONVEGNO DEL 2006 DI TUORO SUL TERRORISMO 

IN RICORDO DEL SACRIFICIO 
DELL’AGENTE DI POLIZIA FERROVIARIA EMANUELE PETRI
UCCISO IN SERVIZIO DALLE BRIGATE ROSSE

L’associazione che rappresento si chiama MEMORIA perché attraverso essa vogliamo ricordare, far ricordare e diffondere i valori umani, civili e morali in difesa dei quali i nostri cari sono stati uccisi: libertà, legalità, democrazia.

La Memoria sopravvive e si perpetua.

Attraverso di essa si deve e si può far maturare piena coscienza nei cittadini del profondo significato e della forte funzione sociale delle Forze dell’ Ordine e dei Magistrati. 

Non ci sono sentimenti di vendetta nella memoria.

C’è la richiesta di verità e di giustizia, perché troppo spesso non abbiamo avuto né l’una né l’altra.

Questi i nostri morti: 144 uomini servitori dello Stato tra poliziotti, il maggior numero circa 75, carabinieri, agenti di custodia, finanzieri e magistrati. Senza contare i feriti.

Dalle stragi terroristiche altoatesine all’agguato sul treno a Castiglion Fiorentino, all’agguato di Nassiria.

Uomini colpevoli di indossare una divisa o una toga e perciò definiti servitori dello Stato.

Non il FATO ma altri uomini hanno deciso che proprio perché i nostri familiari rappresentavano lo Stato o magari stavano facendo indagini che avrebbero avvicinato alla verità e forse anche alla scoperta di covi ed organizzazioni , o perché erano la scorta di un uomo politico o perché erano in servizio nell’ esatto momento in cui accadeva qualcosa che non si doveva sapere, sono stati coscientemente e deliberatamente uccisi.

Non l’incidente e non il caso, ma proprio il fatto di rappresentare lo Stato ha costituito la loro condanna.

Non altro, se non il fatto di voler far affermare libertà, democrazia, legalità. 

Poliziotti e carabinieri e magistrati scelti perché simbolo dell’ efficienza dello Stato.

Uomini al servizio dell’Italia, che hanno difeso i valori della nostra Costituzione e delle nostre leggi in casa propria, quando si colpevolizzava chi parlava di Patria e neppure si conosceva l’inno della nostra Nazione.

Assassinati in servizio, comandati e non volontari, che hanno contribuito a far sì che il nostro Paese possa oggi permettersi di aiutare gli altri paesi.Uomini in divisa come quelli caduti in Iraq, uomini coscienti del fatto che il loro essere servitori dello Stato li avrebbe portati al sacrificio estremo, ma che, coscientemente, lo hanno scelto per contribuire a far continuare a sopravvivere in Italia e negli altri paesi libertà, democrazia, legalità.

Ma i nostri morti, e noi con loro, hanno dovuto subire per molti anni una sottile, persistente forma di violenza contenuta nella dimenticanza e nell’ oblio in cui ci avevano relegato e che abbiamo continuato a subire per più di 25 anni, in silenzio, pur non avendo mai cessato di credere nelle Istituzioni, magari essendo noi lo Stato più di quanto lo Stato lo fosse con noi. 

Questo ci ha ferito, offeso, umiliato, annichilito. 

Quasi quanto i colpi che hanno assassinato i nostri cari.

Sono stati anni in cui molti tra i politici, uomini di cultura e dell’arte, associazioni umanitarie, mass-media hanno sempre gareggiato nell’occuparsi dei “poveri terroristi”, addirittura per aiutarli, soccorrerli e validarli, anche politicamente. 

Mai nessuno di essi si è però sognato di venire a vedere come stavano crescendo quei bimbi nati senza un padre, bimbi che muovevano i primi passi nella vita senza una mano alla quale stringersi e dalla quale chiedere e ricevere affetto.

Un padre scomparso anzitempo, conosciuto solo attraverso le foto e le parole delle madri, tanto da invidiare i coetanei che invece avevano ricevuto l’ immenso regalo di averlo accanto anche se invalido, ma pur sempre presente e vivo.

Sono adulti adesso, non hanno ricevuto aiuti da nessuno, ma sono cresciuti con le stesse certezze e gli stessi valori morali dei loro padri, unico vero “risarcimento” che è stato dato loro di avere in tutti questi anni. 

Ma si sentono spesso umiliati. 

Abbiamo affrontato processi, con Avvocati pagati da noi (per noi non c’era la possibilità del gratuito patrocinio come per i terroristi), processi dai quali non abbiamo avuto né verità certe né certezza della pena e della giustizia (sono stati liberati sin da subito, scrivono sui giornali, sono presidenti di associazioni umanitarie…).

Non abbiamo convocato conferenze stampa, non abbiamo fatto dimostrazioni, non ci siamo affidati a “cordate politiche trasversali”, non abbiamo fatto né abbiamo trovato chi facesse per noi scioperi della fame per urlare il nostro sdegno e la nostra rabbia: la nostra dignità ci impedisce di farlo.

Abbiamo passato anni in cui le irrisorie pensioni che “risarcivano” la morte dei nostri familiari spesso non ci permettevano di vivere: ma la nostra dignità ci ha consigliato di seguire la strada istituzionale per modificare lo stato delle cose, senza usare azioni eclatanti.

Ci hanno fatto capire in mille modi che anche noi, i loro familiari eravamo da dimenticare: il “fine pena mai” era stato applicato solo ai servitori dello Stato e ai loro figli.

Alla fine, quando per questo ci siamo sentiti traditi una volta di troppo nella fiducia e le azioni non state rispondenti ai valori morali per cui i nostri cari si sono fatti uccidere, soltanto allora abbiamo fatto sentire la nostra voce.

Abbiamo così iniziato a scrivere “agli uomini di buona volontà” dando voce a quanti non potevano più parlare, chiedendo la stessa assordante attenzione che veniva rivolta ai “poveri terroristi”.

La stessa attenzione, non di più: e, nel farlo, ci siamo sentiti troppe volte umiliati perché disattesa.

Ma dobbiamo dire che poi, alla fine, davvero abbiamo trovato delle attenzioni, delle promesse vere regolarmente mantenute.Come dobbiamo dire che a volte chi ci riceveva per ascoltare le nostre problematiche si addormentava mentre parlavamo….

E’ per questo che oggi, noi che la memoria l’abbiamo, non possiamo che dire i nomi di chi ci ha dato attenzione.

Attenzione che in passato abbiamo trovato grazie alla disponibilità dell’On. Spini, dell’ On. Jervolino, dell’ On. Fini, dell’ On. Schmidt, del Sen. Schifani e dell’allora On. Serra, attenzione che poi si è trasformata in concrete azioni.

Così come in questi mesi abbiamo cercato e abbiamo trovato attenzione e concrete adesioni alle nostre problematiche nell’ On. Fini, nell’ On. Mantovano, nell’ On. Giovanardi, nell’ On. Castelli e, come sempre con la sua grande umanità, nell’ On. Spini.

In essi si dimostra attenzione e rispetto veri e concreti ai nostri morti, si ricordano per la prima volta le vittime del terrorismo altoatesino dal 1961, vittime che non hanno mai beneficiato delle leggi intervenute dal 1980 in poi e si sanano le disparità intervenute nella legislazione fino ad oggi. 

Finalmente è prevista assistenza psicologica ai familiari delle vittime e alle vittime stesse, riparando così ad una manchevolezza della legislazione italiana che fino ad oggi è stata notevolmente carente anche sotto questo aspetto. 

Certo, non si saneranno mai, nella maniera più assoluta, le veloci attenzioni a favore dei terroristi: dal 1978 ad oggi ben 10 leggi sono state emanate (la famosa legislazione premiale) a loro favore, mentre solo 2 per le vittime!

Come dice mia figlia : “ …..E sennò che vittime sono? Ci sono abituate, continuiamo a farle sentire vittime, non abbiano a disabituarsi….!”

Questa azione del Governo ci ha fatto capire che parlare di guerra al terrorismo non è solo parlare del terrorismo che viene da fuori o è dentro il nostro paese ma significa anche, davvero e seriamente, combattere il terrorismo anche in termini culturali, e cioè coltivando la memoria di quanti sono caduti sotto i suoi colpi e tramandando alle generazioni future un patrimonio di valori come la Patria e la fedeltà alle Istituzioni democratiche.

Perché si è finalmente compreso che le Forze dell’ Ordine e la Magistratura non sono solo proiettate ad usare competenze, professionalità e mezzi a scopo repressivo, ma anche, cittadini tra gli altri cittadini, protesi alla tutela della pace sociale e del bene comune delle libertà garantite dalle leggi, e che per il raggiungimento di tali obiettivi sono disposti perfino al sacrificio della vita.

Perché le Forze dell’ Ordine e la Magistratura svolgono ogni giorno l’importante funzione non di repressione bensì di prevenzione e di vicinanza alle problematiche dei cittadini nel loro vivere quotidiano per il mantenimento della democrazia, della libertà individuale e di gruppo e della legalità.

E’ con queste certezze che auspichiamo che si provveda a potenziare i mezzi e i dispositivi individuali di protezione per quei ragazzi in divisa che ogni giorno, nelle nostre città, svolgono in silenzio, con dedizione e competenza, il proprio lavoro al servizio della nostra sicurezza e delle nostre libertà, per fare così in modo che vi siano sempre meno bambini che patiscono quello che hanno subito i nostri figli e che vi sia così sempre meno bisogno di occuparsi dei sopravvissuti dei caduti e dei feriti.

Mi felicito che oggi Tuoro, assieme all’Umbria, e alla Toscana, attraverso la Famiglia Petri e a tutte le Associazioni e gli Enti che hanno promosso, organizzato e sostenuto questa iniziativa, nel ricordo del caro Emanuele Petri, contribuisca in maniera cosi forte a sostenere la nostra lotta nella “Memoria” dei nostri cari che ci sono stati strappati improvvisamente mentre adempivano al loro dovere.

La Presidente dell’Associazione “Memoria”
Mariella Magi Dionisi