LA NAZIONE 5/2/2000: Uccise un poliziotto Terrorista in libertà

Testata La Nazione

Uccise un poliziotto Terrorista in libertà

FIRENZE —- La giustizia si era dimenticata di lui. E ci sono voluti 22 anni per processarlo. Così Vito Biancorosso, ieri, ha ripetuto in aula che la mattina del 20 gennaio del 1978 fece parte del commando che attaccò il vecchio carcere di Firenze, le Murate, per liberare i compagni di Prima Linea. Rimase ucciso un poliziotto, Fausto Dionisi, e un altro agente fu ferito. Ma dopo due ore di dibattimento con rito abbreviato, il giudice Antonio Crivelli ha emesso una sentenza che chiude definitivamente il conto fra l’ex terrorista e la giustizia: quel reato commesso nell’Italia degli anni di piombo è prescritto. Perché sono passati più di vent’anni. Dimenticanza e pastoie burocratiche hanno cancellato tutto. Omicidio compreso. Per Biancorosso, che aveva preso parte all’azione con Giovanni Camagni, Susanna Ronconi e Gianni Maggi, non ci saranno né carcere, né altri processi. E non avranno risarcimenti Mariella e Jessica, la moglie e la figlia di Fausto Dionisi. Biancorosso aveva offerto loro un assegno di 15 milioni, ma l’avvocato Giuseppe Cardillo, legale della famiglia, l’ha rifiutato: «Sentimento e dolore non cadono in prescrizione dopo vent’anni». Ma perché il processo non è stato fatto prima? Semplice: per lunghissimo tempo l’enorme fascicolo intestato a «Vito Biancorosso, nato a Jau, Brasile, il 20 agosto 1958, residente a Torino» è rimasto fermo negli uffici giudiziari. Quel fascicolo ha «dormito» soprattutto dal 1990 al dicembre del 1998, quando lo portarono nella stanza del pm Gabriele Mazzotta, che istruì la pratica e poi chiese il rinvio a giudizio. Nel giugno ’99 interrogò Biancorosso che ammise la piena responsabilità, disse di essersi dissociato dal terrorismo nel 1983 e aiutò a riscostruire una storia giudiziaria, la sua, che fa cascare le braccia. Specie quando si viene a sapere che nel 1981, dopo l’arresto in Francia, l’estradizione venne chiesta per una sfilza di reati successivi, mentre per l’assalto alle Murate, fu inviata solo un’informazione di garanzia. Nel 1983, Biancorosso venne condannato a 20 anni per rapine, un omicidio, un sequestro di persona. In appello la condanna venne ridotta a 10 anni e 5 mesi. Ma nel ’90 il «piellino» uscì di prigione. E da quel momento la giustizia smise di cercarlo. E’ stata vera dimenticanza? In aula, ieri, Biancorosso ha detto di essere un uomo cambiato e pentito. E’ padre di una bimba di un anno e lavora come camionista nell’azienda di famiglia. L’avvocato Giampaolo Zancan, che l’ha difeso, ha detto: «All’epoca Biancorosso aveva 19 anni. Oggi è un altro. Non si può processare un uomo dopo 22 anni».

di Sandro Bennucci

Lettera aperta dell’Associazione Memoria al Governo e ai Deputati

L’Associazione “Memoria”, che raggruppa i familiari (vedove e figli) dei Caduti per fatti di Terrorismo delle Forze dell’Ordine e della Magistratura, appena ha appreso il 6 febbraio 2003 del voto positivo della I Commissione della Camera per la proposta di legge Boato per la grazia ai detenuti e della discussione della stessa in Aula a Montecitorio, ha scritto una lettera aperta al Governo e ai Deputati.

LETTERA APERTA AL GOVERNO E AI DEPUTATI

Abbiamo appreso del voto positivo della I Commissione della Camera per la proposta di legge Boato per la grazia ai detenuti e della discussione della stessa in Aula a Montecitorio.

Comprendiamo benissimo che non è valida solo per il Sig. Sofri: ne potranno beneficiare tutti quelli che hanno ucciso, assassinato, creato lutti, dolore, sofferenze, hanno fatto crescere bambini senza padre.

Strano (voluto?) destino: lo stesso giorno si è discusso in Aula della proposta di legge per le vittime del terrorismo: ancora una volta faccia a faccia carnefici e vittime!

 E ancora una volta le vittime si sono viste respingere i loro diritti: per loro non si sono voluti trovare accordi e così ancora una volta hanno dovuto soccombere, essere umiliate e dimenticate!

Le Istituzioni in cui crediamo, per difendere le quali i nostri cari si sono fatti assassinare si occupano ed antepongono i bisogni dei poveri terroristi a quelli degli assassinati!

Ogni giorno “magnificate” la guerra al terrorismo e dimenticate chi in Italia l’ha fatta davvero!

Avete preso impegni nelle sedute della Camera e del Senato, ci avete scritto che avreste pensato ai nostri morti!

Invece vi siete dimenticati dei caduti in Italia nella guerra al terrorismo; caduti in servizio, comandati e non volontari, che hanno contribuito a far sì che il nostro Paese possa oggi permettersi di aiutare gli altri paesi.

 Uomini in divisa come quelli caduti in Iraq, uomini coscienti del fatto che il loro essere servitori dello Stato li avrebbe portati al sacrificio estremo, ma che, coscientemente, lo hanno scelto per contribuire a far continuare a sopravvivere in Italia libertà, democrazia, legalità.

Fino all’ ultimo abbiamo sperato che ci fosse coscienza e intelligente sensibilità in ognuno di voi che ci rappresentate a livello istituzionale!

Adesso, come giustificate la mancata attenzione nei confronti delle vittime contrapposta a quella che avete offerto per prima a chi ha creato tanti lutti?

                                               IL consigliere, facente funzioni del Presidente

                                                           SILVANA PERRONE GRAZIOSI

Roma, 6 febbraio 2003

Memoria, per non dimenticare

lapide vittime terrorismoL’Associazione si chiama MEMORIA perché attraverso essa vogliamo ricordare, far ricordare e diffondere i valori umani, civili e morali in difesa dei quali i nostri cari sono stati uccisi: libertà, legalità, democrazia.

La Memoria sopravvive e si perpetua e attraverso essa si può e si deve far avere piena coscienza nei cittadini del profondo significato e della forte funzione sociale  delle Forze dell’ Ordine e dei Magistrati.

Non ci sono sentimenti di vendetta nella memoria.

C’è la richiesta di verità e di giustizia, perché troppo spesso non abbiamo avuto né l’una né l’altra.

Questi i nostri morti: 123 uomini Servitori dello Stato tra Poliziotti, il maggior numero circa 80, Carabinieri, Agenti di Custodia, Finanzieri e 9 Magistrati.

Senza contare gli oltre 5.000 feriti.

Dalle stragi terroristiche altoatesine all’agguato di Via Prati di Papa a Roma.

Terrorismo di destra e di sinistra.

Terrorismo rosso e terrorismo nero.

Uomini colpevoli di indossare una divisa o una toga e perciò definiti servitori dello Stato.

Ma lo Stato siamo tutti noi e troppo spesso lo dimentichiamo e demandiamo ad altri il compito di ricordarlo.

E’ per noi doveroso in questo momento chiedere che le nostre parole non siano travisate ed interpretate come reazione dettata solo da un dolore che non è cancellabile: è una voce doverosamente presente senza retorica, attenta a non suscitare pietismo.

Perché è vero che i morti sono morti tutti uguali, come uguale è il dolore per la perdita, l’elaborazione del lutto, l’affrontare i problemi anche spiccioli quotidiani, crescere figli che non hanno avuto la possibilità di dare e ricevere la carezza dai loro padri.

Ma diverso è essere coscienti del fatto che non il FATO ma altri uomini hanno deciso che proprio perché essi rappresentavano lo Stato o magari stavano facendo indagini che avrebbero avvicinato alla verità e forse anche alla scoperta di covi ed organizzazioni, o perché erano la scorta di un uomo politico o perché erano in servizio nell’ esatto momento in cui accadeva qualcosa che non si doveva sapere, sono stati coscientemente e deliberatamente uccisi.

Non l’incidente e non il caso ma il fatto di rappresentare lo Stato.

Non la malattia, ma il fatto di voler far affermare libertà, democrazia, legalità.

Poliziotti e Carabinieri e Magistrati scelti perché simbolo dell’efficienza dello Stato.

E poco contava se accanto avevano i figli o le mogli.

I loro valori morali, le loro certezze istituzionali, la loro capacità di donare se stessi e le proprie famiglie al servizio degli altri è quello che ci è rimasto.

Ed è quello che siamo stati troppo spesso e troppo spesso anche inutilmente costretti a cercare di far ricordare.

Per anni e anche adesso, a periodi ricorrenti, ci ritroviamo in mezzo ad una ridda di voci ed a tangibili iniziative che da anni sono rivolte solo a validare, forse anche politicamente, uomini che oltre che a ferire altri uomini, hanno fatto sì che tanti bambini restassero senza un padre  a cui chiedere e dare affetto.

O non lo hanno mai conosciuto.

Lo stesso Stato ed i suoi apparati ci sono troppe volte apparsi operosi e  solleciti contro i familiari delle vittime di quegli anni di piombo e non accanto, come pensavamo dovesse essere.

Hanno anche provato a farci credere che una parte di stato ha combattuto ed ucciso l’ altra parte.

Ci siamo rifiutati con tutte le nostre forze di crederlo.

Senza contare le volte che giornali e televisioni riservano ai terroristi  pagine intere o addirittura trasmissioni televisive.

Associazioni umanitarie, Cooperative, Parlamentari, giornalisti, religiosi, uomini e donne di cultura e dello spettacolo: tutti preoccupati di aiutare quelli che in base ad ideali e convinzioni hanno deciso che si poteva impunemente anche uccidere.

Mai nessuno di loro si è sognato di andare a vedere come vivevano, di valutare i bisogni morali e materiali di chi dai terroristi era stato ferito gravemente nelle carni, di chi da loro era stato brutalmente costretto a non avere più un appoggio affettivo.

Ma in carcere hanno fatto a gara ad andarci e a pubblicizzare le loro visite….

Anche e soprattutto questo ci ha fatto sentire ancora più vittime.

La percezione individuale del nostro essere vittime si è riflettuta nella percezione che ci derivava dall’esterno: eravamo da nascondere, da non ascoltare, anche da umiliare, troppe volte.

La nostra voce, quando avevamo la possibilità di farla udire, era noiosa, fastidiosa, spesso riportata e rappresentata come quella di persone che volevano la vendetta e o che si ostinavano ad essere fuori dalla realtà.

Era giusto: i morti non possono più avere voce.

Ma le Forze dell’Ordine ed i Magistrati hanno voce: la voce di quanti vogliono vivere in un mondo realmente giusto, un mondo fatto di legalità e di giustizia.

Ma noi, troppo spesso non abbiamo avuto neppure quest’ultima.

Non si sono scoperti mandanti e esecutori, non si è fatta luce vera su fatti e ideologie.

Le pene non  sono state commisurate e la non certezza della pena è ormai l’unica certezza che ci è stato dato di avere: molti terroristi non hanno fatto neppure un giorno di galera perché loro le leggi le conoscono e le sanno usare bene, stati liberati sin da subito, li incontriamo per strada, fanno lezioni all’Università, sono presidenti di associazioni, hanno una seconda opportunità di vita.

Ai nostri caduti e ai loro familiari non è stato dato neppure questo.

Per i nostri morti e per noi familiari è stato veramente applicato il “fine pena mai”…..

Peccato, per i terroristi e per una certa parte della società e della politica,  che noi familiari delle vittime non si riesca a dimenticare che un certo giorno, ad una certa ora, hanno coscientemente aspettato sotto casa o lungo il percorso per l’ufficio proprio quel Poliziotto, quel Magistrato, quel Carabiniere, quell’Agente di Custodia e poi hanno deliberatamente sparato, tirato bombe a mano, assassinato, cercato di annullare la nostra libertà e la nostra democrazia.

Ci siamo sentiti ulteriormente vittime a causa della assoluta mancanza di informazione circa la possibilità di accedere a quanto già la legge prevedeva.

La non conoscenza, la difficoltà, i tempi biblici per ottenere quanto pure già era sancito ha contribuito notevolmente a far aumentare la nostra percezione dell’ essere vittime.

Vittime di un ingranaggio burocratico più grande di noi e troppo spesso avulso e distaccato dai nostri problemi.

Corre l’ obbligo ricordare che esiste un fondo per le vittime dell’usura e dell’ estorsione e uno per quelle della mafia.

Non esiste alcun fondo per le vittime del terrorismo.

Dimenticanza o volontà?

Se poi tutto ciò lo si rapporta alla velocità o quant’altro a favore dei terroristi ……

La stessa posizione nel processo in quanto parte civile è stata poco divulgata e poi spesso distorta….

Concludiamo affermando che il nostro “essere vittime” ci porta obbligatoriamente ad invitare l’intelligente sensibilità di ciascuno a tener presente che noi continueremo a batterci per far sì che niente e nessuno possa fare in modo che momenti in divenire ed opportunità politiche diverse portino a stravolgere ed a sovvertire con facilità i valori morali, le certezze istituzionali, di quanti per la stato e le sue leggi si sono fatti ferire o addirittura uccidere.

Perchè se ciò avvenisse, quanti sono ancora vivi, ma soprattutto i figli di quanti sono morti, si sentirebbero ancora più soli, abbandonati, traditi.

Allo Stato ed a chi ci rappresenta, agli uomini di cultura, ai cittadini, chiediamo che quanto abbiamo già subito non debba mai essere archiviato e visto con distacco storico: perché la stagione della violenza non continui a fare violenza sempre alle stesse persone.

Perché 15 progetti di legge a favore di indulto, amnistia ecc., con 47 deputati firmatari, a fronte di tre proposte di legge per le vittime del terrorismo, con soli 5 deputati firmatari, ci fiutiamo di credere che sia l’unica espressione dell’ impegno e del ricordo dei nostri cari da parte di quanti ci rappresentano.

Perché non può essere storia una verità ancora da scrivere.

                                                                              I membri dell’Associazione Memoria

A Firenze spazio espositivo storico della Polizia

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All’interno della sede fiorentina dell’Associazione Nazionale Polizia di Stato, in via Fausto Dionisi n.2, a Firenze, a pochi passi dalla Stazione, vicinissimo alla Fortezza da Basso, è stato allestito un interessante spazio espositivo storico.

Alle pareti e in alcune vetrinette fanno bella mostra di sé fotografie d’epoca, documenti e materiale di equipaggiamento che rappresentano un significativo spaccato della storia della polizia di stato fiorentina e nazionale.

Per la realizzazione si sono adoprati Curto, Ranaldo, Giordano, Imerti, mentre hanno spontaneamente donato il materiale esposto, Alberto e Mario Caracciolo, Pietro Ranaldo, Alfonso Tomasi, Sergio Tinti e in particolare Gianni Buonomo che ha fornito tanti pezzi della sua pregevole raccolta.

L’inaugurazione è avvenuta il 10 febbraio 2014, nell’occasione del 45mo della fondazione della Sezione, alla presenza del Questore di Firenze Raffaele Micillo, dei Soci e di tanti Ospiti.

Lo spazio espositivo storico è visitabile gratuitamente il lunedì, mercoledì e venerdì dalle ore 10 alle ore 12.

Prima di recarsi a visitare l’esposizione si consiglia di chiedere conferma dei giorni e degli orari contattando direttamente l’Associazione allo 055/4977032 (aperta solo il lunedì, mercoledì, venerdì dalle 10 alle 12) oppure chiamando il cellulare 389/10.42.161.

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9 Maggio 2014: 7 Giornata Nazionale della Memoria Vittime Terrorismo

Cerimonia nazionale alla Camera dei Deputati in occasione della 7ma Giornata Nazionale della Memoria in ricordo delle Vittime del Terrorismo alla presenza delle Massime Autorità dello Stato e dei familiari delle varie vittime che si celebra solennemente in tutto il paese il 9 Maggio di ogni anno.

Alla Camera dei deputati il Giorno della Memoria dedicato alle vittime del terrorismo.

Alla presenza del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha avuto luogo, presso l’Aula di Palazzo Montecitorio, la cerimonia di commemorazione del Giorno della memoria dedicato alle vittime del terrorismo, alla presenza di circa 400 familiari di altrettanti vittime.

La cerimonia è stata aperta dall’esecuzione dell’Inno nazionale da parte dell’ensemble corale dell’Istituto comprensivo Parini di Catania. Sono seguite le testimonianze di Sabina Rossa, figlia di Guido Rossa, ucciso dalle Brigate Rosse il 24 gennaio 1979, di Manlio Milani, Presidente dell’Associazione dei familiari dei caduti nella strage di Piazza della Loggia, e marito di Livia Bottardi, vittima della strage del 28 maggio 1974, di Franco Sirotti, fratello di Silver Sirotti, deceduto nella strage dell’Italicus il 4 agosto 1974, e di Rosaria Manzo, Presidente dell’Associazione tra i familiari delle vittime della strage sul treno rapido 904 e figlia di Giovanni Manzo, ferito nella strage del 23 dicembre 1984.

È intervenuta quindi la Presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini. Al termine, il Presidente della Repubblica, con il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Stefania Giannini e il Ministro dei Beni e Attività culturali e del Turismo, Dario Franceschini, ha premiato le scuole vincitrici del concorso “Rete degli Archivi per non dimenticare – Memorie in un flash”.

La cerimonia si è conclusa con l’esecuzione dell’Inno alla Gioia (Inno europeo) da parte dell’ensemble corale dell’Istituto comprensivo Parini di Catania.

Prima della cerimonia, il Presidente Napolitano ha deposto in Via Caetani una corona sotto la lapide che ricorda il luogo del ritrovamento dell’on. Aldo Moro.

9 Maggio 2013: Discorso Presidente Repubblica 6 Giornata Naz Vittime Terrorismo

Intervento del Presidente Napolitano
alla cerimonia del Giorno della Memoria
dedicato alle vittime del terrorismo

Desidero rivolgere solo un breve saluto, anzi rinnovare a molti di voi, rappresentanti delle famiglie dei caduti, il saluto che negli anni scorsi ho potuto rivolgere dal palazzo del Quirinale.

Ringrazio vivamente il Presidente del Senato Pietro Grasso per aver aderito alla proposta di celebrare qui la Giornata della Memoria delle vittime del terrorismo. Lo ha fatto con la sensibilità di chi ha dedicato un’intera vita di magistrato alla causa e all’impegno concreto della lotta contro la mafia, contro i crimini e le stragi di mafia nel loro intreccio perverso con il fenomeno terroristico.

Ho voluto che, a partire da quest’anno, la cerimonia che abbiamo dal 2008 in poi sempre tenuto in Quirinale si dislocasse anche in altri luoghi istituzionali, in modo particolare in questo Palazzo che è uno dei palazzi del Parlamento. E vorrei che la si smettesse di identificarli come ‘palazzi del potere’, secondo una oscura definizione. Se il Quirinale è stato definito già dal mio predecessore, a giusto titolo, ‘la casa degli italiani’, il Parlamento, i due rami del Parlamento, e quindi il palazzo del Senato e il palazzo della Camera dei Deputati anch’essi non sono palazzi di un oscuro potere, ma sono i luoghi della sovranità popolare e della sua rappresentanza democratica.

Ho seguito e apprezzato molto tutti gli interventi, così come sono contento di aver potuto premiare le scuole che si sono impegnate in questo bell’esercizio che da anni coltiviamo di iniziative, di ricerche, di composizioni dedicate alla storia delle vittime del terrorismo.

Ho apprezzato l’intervento della dottoressa Maggiani Chelli, che ha avuto anche l’estrema modestia e sobrietà del parlare attraverso quello che anni fa ha detto un magistrato già impegnato all’epoca sul fronte della lotta per la legalità e contro la violenza e il terrorismo, il dottor Chelazzi. Le sue parole sono suonate attuali anche oggi, tenendo conto dei limiti che egli stesso indicava entro i quali ha potuto muoversi e oltre i quali non ha potuto andare il sistema giudiziario.

Mi ha fatto piacere sentire quanto ha detto il dottor Ricci, al quale vorrei ribadire che il nostro sforzo è stato, in tutti questi anni, di non lasciare sotto l’anonima definizione di “scorta” di Aldo Moro i nomi di coloro che hanno sacrificato la loro vita facendo il proprio dovere al servizio dello Stato in quella tragica giornata.

E, infine, mi ha fatto piacere ascoltare di nuovo Giampaolo Mattei con il quale ci incontrammo, insieme ai suoi familiari, nell’aprile del 2009, avendo, fin dal primo momento della celebrazione di questa giornata, dato ai fratelli uccisi dalla violenza terroristica il posto che spettava, pienamente inserito nell’albo doloroso delle vittime del terrorismo senza alcuna parzialità e senza alcuna ghettizzazione.

Abbiamo un doppio motivo di riconoscenza per le vittime del terrorismo. Innanzitutto quello che ci viene dal conoscere che cosa sia stato il loro sacrificio e il dolore dei familiari. Un secondo motivo di riconoscenza perché il ricordo del loro sacrificio ci ha dato una straordinaria occasione di alto valore democratico, di alto valore – se la parola è permessa – pedagogico : infatti, celebrando il Giorno della Memoria, come facciamo da anni sulla base di una legge approvata dal Parlamento, tutti noi riflettiamo, impariamo e dobbiamo continuare a farlo.

Impariamo, ad esempio, che bisogna fermare la violenza – e non ho nemmeno una parola da aggiungere a quelle che ha introdotto nel suo discorso il Presidente Grasso -, abbiamo imparato che la violenza va combattuta, va fermata, va scongiurata, prima che si trasformi in eversione e distruzione. Penso che in questo momento non possiamo essere tranquilli di fronte al riemergere di estremizzazioni violente anche soltanto sul piano verbale o sul piano della propaganda politica.

E poi dobbiamo anche trarre un’ulteriore lezione da ciò che ricordiamo in giornate come questa. L’Italia vive momenti difficili, ha delle prove molto dure da affrontare e da superare.

Non mi spenderò su questo tema generale. Abbiamo tuttavia vissuto in passato non solo momenti di tensione e prove difficili ma dei periodi tragici che hanno esposto a un estremo rischio la nostra democrazia. Ebbene, se abbiamo saputo superare quei periodi, sapremo superare le prove che abbiamo oggi davanti.

Roma – Palazzo Madama, 09/05/2013

9 Maggio 2012: Discorso Presidente Repubblica 5 Giornata Naz Vittime Terrorismo

Il “Giorno della memoria” dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice è cominciato con la deposizione da parte del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, di una corona di fiori in via Caetani, davanti alla lapide che ricorda il sacrificio dell’on. Aldo Moro e degli agenti della sua scorta.

Si è quindi svolta, al Palazzo del Quirinale, la cerimonia di commemorazione, condotta da Silvia Giralucci e aperta da un filmato realizzato dalla struttura RAI ‘La storia siamo noi’.

Sono intervenuti Anna Brugnolli, che ha presentato l’esperienza compiuta per il libro “A onor del vero. Piazza Fontana. E la vita dopo”; Nicola Simone, Medaglia d’Oro al Valor Civile, vittima di un tentativo di sequesto da parte delle Brigate Rosse; Paolo Galvaligi, Colonnello dell’Arma dei Carabinieri, figlio del generale Enrico Rizieri Galvaligi; Giampaolo Zancan, in rappresentanza dell’Ordine degli Avvocati di Torino, per ricordare Fulvio Croce; Piergiorgio Vittorini, legale di parte civile al processo di Piazza della Loggia, che ha illustrato il progetto “Memoriale per le vittime del terrorismo e della violenza politica”, e il professore e scrittore Miguel Gotor, che ha dato conto della ricerca storica sulla base di due lettere – esposte nell’occasione al Quirinale – scritte da Aldo Moro durante i 55 giorni del suo sequestro, recentemente consegnate all’Archivio di Stato di Roma dalla Magistratura e restaurate dall’Istituto centrale per il Restauro.

Il Presidente Napolitano ha, quindi, pronunciato il discorso commemorativo del “Giorno della Memoria”.

Erano presenti, con i familiari e i rappresentanti delle Associazioni delle vittime del terrorismo, il Presidente e il Vice Presidente della Camera dei Deputati, Gianfranco Fini e Rosi Bindi, il Vice Presidente del Senato della Repubblica, Emma Bonino, il Ministro della Difesa, Giampaolo di Paola, il Vice Presidente del CSM, Michele Vietti, il Presidente del COPASIR, Massimo D’Alema, e numerose autorità politiche,civili e militari.

Precedentemente il Capo dello Stato ha consegnato, con il Ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri, le medaglie d’oro commemorative del Giorno della Memoria ai familiari delle vittime del terrorismo a cui sono state assegnate quest’anno.

Intervento del Presidente Napolitano
alla celebrazione del “Giorno della Memoria”
dedicato alle vittime del terrorismo

Una parola di apprezzamento, innanzitutto, per la sua disponibilità e bravura va alla conduttrice Silvia Giralucci, che è d’altronde con noi oggi a pieno titolo rievocando il giovane padre ucciso dalle Brigate Rosse, nella cupa Padova degli anni Settanta, “perché era di destra”.
Prosegue anche con questo incontro – così partecipato, e di ciò vi ringrazio, vedendo in sala molti volti ormai familiari – l’opera avviata grazie all’impulso della legge approvata dal Parlamento nel 2007. Opera di raccoglimento solidale nel ricordo e nell’omaggio per tutte le vittime del terrorismo ; di ricomposizione unitaria di molteplici esperienze, dolorose e laceranti, vissute in rapporto alle singole vicende di quella stagione di violenza sanguinaria. Opera, nello stesso tempo, di trasmissione della memoria, di ricostruzione e approfondimento sul piano storico, di riflessione collettiva e di mobilitazione civile.

Ecco, quest’opera è andata avanti, negli ultimi cinque anni, attraverso un crescere, in modo imprevedibile, di contributi e di iniziative, che ci ha grandemente confortato, confermando la fecondità dell’impulso e dell’indirizzo che si espressero proprio qui nella Giornata del 9 maggio 2008. Si sono da allora levate molte voci nuove, hanno preso la parola, innanzitutto, famigliari delle vittime, prima soverchiati dal rumoroso e spudorato esibizionismo dei colpevoli, e scoraggiati da disattenzioni e ambiguità dello stesso mondo dell’informazione. Si sono imposti all’attenzione nuovi analisti e studiosi, con apporti originali e importanti. C’è stato insomma un forte risveglio di sensibilità e di coscienze. Ed è così che dobbiamo proseguire. Per questo siamo oggi qui riuniti.

E ringrazio per i loro contributi quanti sono intervenuti a richiamare, per esperienza vissuta e per testimonianza, vicende e figure altamente rappresentative degli anni funesti dell’attacco terroristico, che furono insieme anni di resistenza e risposta coraggiosa da parte delle forze migliori dello Stato democratico e della società italiana. L’intervento del dottor Simone ci ha ricordato, e ci ha permesso di apprezzare nuovamente, non solo la sua reazione all’agguato di trent’anni fa, ma la serena tenacia con cui egli ha saputo prima affrontare le conseguenze dei colpi subìti in quanto combattente della lotta contro il terrorismo, e poi dedicarsi a nuove missioni al servizio dello Stato. Il 1982 vide un drammatico susseguirsi di attentati omicidi contro uomini delle forze dell’ordine, e vide perfino cadere crudelmente un bambino, Stefano Gaj Tachè, nell’agguato terroristico alla Sinagoga di Roma.

Un grazie particolare a lei, colonnello Galvaligi, per averci offerto una così bella testimonianza di affetto e di omaggio filiale confidandoci l’estremo messaggio indirizzato ai suoi cari da un’alta, nobilissima figura di italiano impegnato da generale dell’Arma in prima linea a contrastare e sconfiggere le Brigate Rosse.
Prezioso è stato poi il ricordo, nelle partecipi parole dell’avvocato Zancan, del discreto eroismo del Presidente Fulvio Croce : forse per pochi come per lui, tra le vittime del terrorismo, si può parlare dell’apporto decisivo della società civile, nel senso più limpido e forte di quest’espressione, in difesa delle istituzioni democratiche, in difesa della Repubblica.
Negli interventi che ho richiamato, abbiamo ritrovato diverse tappe dello scontro col terrorismo : 1982, 1980, 1977. Ma come dimenticare il 2002 che dieci anni fa segnò con l’omicidio di Marco Biagi l’estremo sussulto di un feroce brigatismo già sconfitto? Abbiamo onorato la memoria e l’eredità del Professor Biagi a Modena e alla Camera dei Deputati, e vi rendiamo ancora omaggio esprimendo sentimenti di rinnovata vicinanza alla signora Marina che è con noi.

In questa Giornata della Memoria è nello stesso tempo risuonata, nelle parole dell’avvocato Vittorini, l’eco sofferta di una città ferita – Brescia – che è nuovamente rimasta senza il conforto di un accertamento e di una sanzione di colpevolezza per i responsabili della strage di Piazza della Loggia. Comprendiamo la profonda amarezza di tutti i bresciani e in primo luogo dei famigliari delle vittime, a cominciare dal caro Manlio Milani, che ha guidato l’Associazione sempre con animo fermo e con sconfinata passione e dedizione. Grazie ancora a Manlio, ora a Vittorini anche per la nuova iniziativa e proposta di cui si è fatto portatore.

Gli interrogativi riproposti dalla sentenza di Brescia, e insieme la rinnovata discussione su Piazza Fontana rimbalzata, per così dire, da un evento cinematografico, ci spingono a ritornare oggi sulla tematica delle stragi di matrice terroristica, e sui nodi principali che essa ha presentato e presenta. A quei temi dedicai il mio intervento nella Giornata del 9 maggio 2009, e non ripeterò argomentazioni che credo abbiano conservato pienamente la loro validità.
Certo, sentiamo ancor più fortemente il tormento di una giustizia incompiuta, dopo tante sollecitazioni, speranze, attese e delusioni. Non è vano ripetere che il corso della giustizia deve – pur nei limiti in cui (ad esempio, anche dopo la recente sentenza per Piazza della Loggia) è rimasto possibile – continuare con ogni scrupolo. Ma è altrettanto necessario mettere sempre in luce tutto quel che di netto, preciso, inconfutabile è emerso dalle stesse carte processuali e dalle stesse sentenze – per quanto insoddisfacenti rispetto all’esigenza di colpire le persone responsabili di orrende stragi con pene adeguate e da scontare effettivamente. Resta quel che è emerso – come ha ribadito l’avvocato Vittorini circa la matrice di estrema destra neofascista di quelle azioni criminali, e anche circa il peso della “attività depistatoria svolta da una parte degli apparati dello Stato”. Dunque, una verità storica si è conseguita, con il contributo anche delle inchieste parlamentari e delle ricerche portate avanti dalle famiglie e dalle associazioni delle vittime, da tanta parte della società civile. Ebbene, tutto questo – come ha scritto la nostra sempre attenta e combattiva Benedetta Tobagi – “le assoluzioni non bastano a cancellarlo”.

Insomma – e lo hanno detto in diversi, e lo ha significativamente scritto Mario Calabresi, un protagonista della riflessione sul terrorismo e sulle sue vittime, sul dovere di coltivarne la memoria e l’insegnamento – non brancoliamo nel buio di un’Italia dei misteri : ci troviamo dinanzi a limiti da rimuovere e a problemi di giustizia e di verità ancora da risolvere, ma in un’Italia che ha svelato gravissime insidie via via liberandosene, che ha sconfitto il terrorismo, individuandone e sanzionandone a centinaia gli sciagurati attori, e che ha salvaguardato i presidi della nostra vita democratica.

Certo, anche sul piano della ricostruzione della verità storica, molto rimane da fare. Con rigore di metodo, con giusto distacco da una condizionante vicinanza emotiva o da troppo facili schemi interpretativi, e con possibilità maggiori di accesso a tutte le fonti essenziali.

A questo proposito, è in corso – secondo una dettagliata valutazione fornitami dal COPASIR – un’evoluzione positiva in materia di accesso agli atti, compresi quelli degli organismi di intelligence e sul terreno della riorganizzazione dei loro archivi per accelerare il versamento di documenti all’Archivio storico del DIS e quindi all’Archivio Centrale dello Stato, presso il quale siano consultabili. Attraverso la vigilanza e la sollecitazione esercitate dal COPASIR, il Parlamento segue più in generale il rinnovato impegno del governo all’applicazione di regole stringenti in materia di ricorso al segreto di Stato che scongiurino il pericolo delle distorsioni, durante gli anni del terrorismo e delle stragi, che sono state spesso e in più sedi denunciate.

A questo problema si è anche riferito Miguel Gotor, che tuttavia ha col suo lavoro già mostrato come il tempo della storia sia giunto e possa essere fecondamente coltivato. Non c’è bisogno che aggiunga quale emozione, quale senso di profonda partecipazione, abbia rinnovato in me e in tutti noi la visione degli originali di due lettere di Aldo Moro, scritte in quei 55 giorni che furono, quelli sì, davvero “notte della Repubblica”, una “notte” che Aldo Moro aveva visto incombere e invano tentato di allontanare.

Quel che ci preme in definitiva – insieme col tener viva, anche nelle sue forme più sofferte, la memoria delle vittime del terrorismo, è consolidare nella società e soprattutto nelle nuove generazioni, il senso della libertà e della democrazia conquistate sconfiggendo il fascismo, sancite nella Costituzione repubblicana, fatte oggetto di trame e di azioni distruttive, difese e riaffermate dalla grande maggioranza dei cittadini – normali “cittadini” che vi credevano e che hanno reagito a pericoli estremi come il terrorismo anche pagando prezzi durissimi.

Quel che ci preme è diffondere, anzi condividere, consapevolezza storica, sensibilità civica, volontà di partecipazione a tutela dei principi e dei diritti costituzionali, da qualunque parte vengano insidiati o feriti. E’ così che possiamo porre un argine insuperabile a ogni rigurgito di violenza e finanche di violenza armata. Non ci sono ragioni di dissenso politico e tensione sociale, che possano giustificare ribellismi, illegalismi, forme di ricorso alla forza destinate a sfociare in atti di terrorismo. Quella tragedia non si ripeterà, nemmeno in forme di bieca e sempre micidiale farsa. Fossero pure solo le modalità dell’agguato al dirigente d’azienda genovese a richiamare il terrorismo – vedremo i seguiti dell’indagine – la risposta e la vigilanza devono essere categoriche. Quanti fossero tentati di mettersi su quella strada sono dei perdenti, non si illudano di intimidire lo Stato e i cittadini.

Cara Anna Brugnolli, cari ragazzi di “Note a margine”, il senso del nostro impegno voi avete mostrato di averlo pienamente inteso e di saperlo portare magnificamente avanti, dialogando con Francesca e Paolo Dendena, con Carlo Arnoldi, e con le due signore, Licia Pinelli e Gemma Calabresi, che incontrandosi tra loro proprio qui tre anni orsono sono divenute l’emblema di un’alta missione comune.

Voglio associarmi – a questo tengo davvero – al ricordo di Francesca Dendena e dedicare a lei l’intera Giornata della memoria che abbiamo celebrato oggi. Perché in tutto quel che Francesca vi ha detto e che voi avete raccolto nel libro, cara Anna Brugnolli, io ho trovato una straordinaria lezione di umanità, combattività ed equilibrio, di sapienza e saggezza politica, di senso della democrazia e della nazione. Come suonano drammaticamente vere quelle sue parole, riferite allo shock per la strage di Piazza della Loggia : “temetti che a quel punto lo Stato democratico avrebbe potuto non reggere”. Un timore che in più momenti, durante quegli anni, assalì anche me, voglio dirlo. Ma l’Italia, lo Stato democratico, lo Stato di diritto, ce la fecero. Ed è per questo che celebrando i 150 anni dell’Italia unita, riflettendo sul suo passato e sul suo avvenire, abbiamo potuto indicare nell’esperienza del terrorismo, in quella prova superata grazie a uno sforzo corale, un grande esempio di vitalità del tessuto unitario della nostra nazione e della nostra democrazia, un punto di riferimento e una sorgente di fiducia per il nostro comune futuro.

Ma permettetemi una conclusione più personale. Queste Giornate in memoria delle vittime del terrorismo, il ricordo di quegli uomini e di quelle donne come persone, la vicinanza al dolore delle loro famiglie, la riflessione intensa su quelle vicende, su quel periodo di storia sofferta, di storia vissuta sono stati in questi anni tra gli impegni che più mi hanno messo alla prova e coinvolto non solo istituzionalmente, ma moralmente ed emotivamente. Hanno messo alla prova la mia capacità di ascoltare e di immedesimarmi, la mia responsabilità di lettura imparziale, equanime di fatti che chiamavano in causa diverse ed opposte ideologie e pratiche politiche.

Trasmetterò il senso di questo impegno a chi mi succederà, così che possa essere portato avanti con immutata convinzione e tenacia.

9 Maggio 2011: Discorso Presidente Repubblca 4 Giornata Naz Vittime Terrorismo

Si è svolta questa mattina al Palazzo del Quirinale, alla presenza del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, la cerimonia di commemorazione del “Giorno della Memoria”, dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice.

Nel Salone dei Corazzieri, la cerimonia – condotta da Eugenio Occorsio – è stata aperta con la presentazione da parte del Primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione, Ernesto Lupo, del volume “Nel loro segno” realizzato dal CSM e dedicato ai magistrati uccisi dal terrorismo e delle mafie. Il Presidente Lupo insieme al Vice Presidente del CSM Michele Vietti e al Procuratore generale della Corte di Cassazione, Vitaliano Esposito hanno consegnato la prima copia del volume al Capo dello Stato. Hanno fatto seguito le testimonianze di: Carmelina Di Roma, sorella di Ciriaco Di Roma, Massimo Deiana, figlio di Antioco Deiana, Giuseppe Cinotti, figlio di Raffaele Cinotti, e di Francesca Marangoni, figlia di Luigi Marangoni. Gli studenti Alì Noman Hussain e Andrea Zanetti, della Scuola Vantini di Rezzato (Brescia), hanno quindi illustrato una ricerca didattica sugli anni del terrorismo dal titolo: “Il cammino della memoria”. Infine, il Direttore generale per gli Archivi del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Luciano Scala, ha presentato il progetto: “Rete degli Archivi per non dimenticare” a cui è stato dedicato un Portale tematico, teso a rendere fruibili le varie fonti documentarie relative alle stragi di mafia e di terrorismo dal dopoguerra ad oggi, che il Capo dello Stato ha, nell’occasione, inaugurato.

Il Presidente Napolitano ha, quindi, pronunciato il discorso commemorativo del “Giorno della memoria”.

Erano presenti, con i familiari delle vittime del terrorismo e i rappresentanti delle loro Associazioni, il Presidente del Senato della Repubblica, Renato Schifani, il Presidente della Camera dei Deputati, Gianfranco Fini, il Ministro dell’Interno, Roberto Maroni, il Ministro della Giustizia, Angelino Alfano, il Ministro per i Beni e le Attività Culturali, Giancarlo Galan, il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Gianni Letta, il Giudice Anziano della Corte Costituzionale, Paolo Maddalena, e numerose autorità civili e militari.

Precedentemente, nel salone delle Feste sono state consegnate dal Ministro dell’Interno, Roberto Maroni, e dal Segretario Generale della Presidenza della Repubblica, Donato Marra, le medaglie commemorative del Giorno della Memoria dedicato alle vittime del terrorismo.

Discorso del Presidente Napolitano
alla celebrazione del “Giorno della Memoria”
dedicato alle vittime del terrorismo

 

Un caro saluto, in primo luogo, a quanti sono oggi con noi in rappresentanza di tutte le famiglie – unite da un comune doloroso ricordo e da una comune, sempre più matura e attiva consapevolezza – delle vittime del terrorismo e delle stragi. E quindi uno speciale ringraziamento a coloro che hanno dato spessore umano e morale a questa cerimonia attraverso testimonianze forti e toccanti, a partire da quella di Eugenio Occorsio, e riflessioni alte, come quelle del Presidente Lupo. Tutti gli interventi si sono mossi nel solco dell’ispirazione che ci ha guidato fin dalla prima celebrazione, qui, del “Giorno della Memoria”, nel 2008 : ricerca di verità ; anelito di giustizia severa secondo legge, fuori di ogni reazione d’ira e di odio ; rispetto e ricordo delle figure di tutti i colpiti, di ciascuno di essi per la vita vissuta come persona e non solo per il destino di vittima ; in definitiva messaggio di pace e unità secondo il patto che ci lega, la Costituzione repubblicana.

Ci incontriamo questa volta ancora nel pieno delle celebrazioni del centocinquantenario della nascita del nostro Stato nazionale unitario. Celebrazioni non formali e non retoriche, ma partecipate e meditate, dalle quali ci siamo proposti di trarre motivi di orgoglio e di fiducia, di rinnovata coscienza sia delle ragioni e della forza della nostra unità sia delle criticità che hanno segnato il nostro cammino e delle sfide che abbiamo di fronte. E in effetti ho posto in più occasioni l’accento sulle prove via via superate che hanno dimostrato la solidità della compagine nazionale e statale italiana. Prove estremamente drammatiche come due guerre mondiali, l’oppressione ventennale del regime fascista e la lotta per porvi fine ; ma prove dure anche successivamente e cioè nei decenni della Repubblica retta dalla Costituzione. Più dura e pericolosa tra tutte quella del terrorismo interno.

Nello stesso periodo – seconda metà del Novecento – si sono, certamente, succeduti eventi dirompenti in diversi paesi d’Europa : dalla caduta delle dittature in Spagna e Portogallo all’avvento, sia pure per breve tempo, di una dittatura militare in Grecia, dalla crisi della IV Repubblica in Francia alle ripetute scosse di protesta e di dissenso contro l’ordine totalitario e il prepotere sovietico nei paesi del Centro e dell’Est, fino alla caduta del Muro di Berlino. L’Italia non è stata dunque la sola realtà difficile e a rischio nell’Europa del dopo-seconda guerra mondiale.

Ma la prova del lungo attacco terroristico con cui noi abbiamo dovuto fare i conti, specie negli anni della sua massima intensificazione, è stata quanto mai pesante e insidiosa per la coesione sociale e nazionale, e per le istituzioni democratiche nate sull’onda del movimento di Liberazione e ancorate ai principi della Costituzione repubblicana. E dunque il superamento di tale prova resta una pietra miliare nella storia dell’Italia unita : di qui la nostra inestimabile gratitudine a quanti hanno pagato con la loro vita, e il riconoscimento che meritano tutti quanti hanno condotto quella battaglia sapendo di doverla e poterla vincere.

L’appuntamento di questo 9 maggio ci offre l’occasione per sottolineare come è stata vinta la battaglia, come è stata superata la prova. Si è combattuto, sia chiaro, su molti fronti ; si è vinto grazie alla fibra morale, al senso del dovere, all’impegno nel lavoro e nella vita civile che hanno caratterizzato servitori dello Stato e cittadini di ogni professione e condizione : proprio per quelle loro caratteristiche essi diventarono – nella aberrante ottica dei terroristi – bersagli da colpire, esempi da dare per fini disgregativi sia del tessuto della società sia della tenuta delle istituzioni. Così caddero uomini pubblici, come – 25 anni fa – l’avvocato Conti già Sindaco di Firenze, o furono feriti – “gambizzati”, tristo termine dell’epoca – uomini politici come il deputato democristiano Nadir Tedeschi, cui dobbiamo un recente bel testo di dialogo con una giovane ignara di quelle drammatiche vicende. Così cadde, trent’anni fa, Luigi Marangoni, medico del Policlinico di Milano, espostosi per senso della missione – ce lo ha detto con parole struggenti la figlia Francesca – alla delazione e all’attacco omicida in un ambiente di lavoro inquinato dalla folle predicazione delle Brigate Rosse.

E dirò ora dei servitori dello Stato e in particolare dei magistrati. Non c’è distinzione che possa suonare irrispettosa nel nostro omaggio alla memoria degli uccisi e dei feriti dai terroristi : siamo egualmente vicini a tutti e alle famiglie di tutti, qualunque ne fosse la posizione sociale o ne fossero le idee, e qualunque fosse la matrice ideologica – di estrema sinistra, prevalentemente, o di estrema destra, come nel caso di Vittorio Occorsio – degli atti terroristici di cui rimasero vittime.

Se oggi poniamo l’accento sui servitori dello Stato come quelli, è per sottolineare come fu essenziale la loro lealtà alle istituzioni e come fu decisiva, contro il terrorismo, la battaglia sul fronte della giustizia penale. Quella battaglia fu vinta grazie al concorso e, nei casi estremi, al sacrificio di tutti i soggetti impegnati nelle attività investigative e nei percorsi processuali : magistrati – pubblici ministeri e giudici – uomini della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri, come Ciriaco Di Roma, Antioco Deiana, Raffaele Cinotti – ricordati dinanzi a noi con tanta commozione e forza dai loro congiunti – ed egualmente avvocati fedeli al loro mandato e cittadini prescelti come giurati che non si lasciarono intimidire.

Sul fronte della giustizia la battaglia fu vinta – ecco il come più importante – in nome e nel rispetto della Costituzione e dello Stato di diritto, retaggio prezioso e irrinunciabile della lotta antifascista e della Resistenza. In un ricco e impegnativo libro pubblicato di recente in Italia e in Francia, si può leggere – voglio segnalarlo in modo particolare – un saggio che insieme ad altri richiama le incomprensioni e le ambiguità che circondarono fuori d’Italia il fenomeno del terrorismo e l’azione condotta per averne ragione. E impressiona veder rievocate le teorizzazioni giustificazioniste del brigatismo rosso e le polemiche diffamatorie e ostili nei confronti delle istituzioni democratiche italiane e dei loro comportamenti. E’, in questo saggio, un qualificato giurista francese che smonta quelle teorizzazioni e quelle polemiche come prive di plausibilità giuridica, e che mostra come le misure di emergenza adottate dal Parlamento e attuate dalle autorità del nostro paese furono “proporzionate al pericolo istituzionale esistente”, non travolsero le garanzie fondamentali sancite dalla Costituzione, non implicarono una trasformazione del nostro Stato di diritto in Stato autoritario, essendo “ragionevolmente” – come sancì la Consulta nel 1982 – rivolte a proteggere l’ordine democratico e la sicurezza pubblica contro un pericolo estremo. Ecco quel che va argomentato e ancora ribadito nettamente e fermamente, di fronte a residui pregiudizi, a residue mistificazioni, che pesano, ad esempio, sul rapporto tra Brasile e Italia nella vicenda dell’estradizione, rimasta incomprensibilmente sospesa, del terrorista Battisti.

C’è forse – mi chiedo – bisogno di ritornare sulla gravità del pericolo estremo rappresentato dall’offensiva brigatista, giunta fino alla sfida inaudita della cattura, della strage della scorta e dell’uccisione di uno dei maggiori uomini di Stato e leader politici italiani? E colgo l’occasione per rivolgere un riverente pensiero – stringendomi con affetto ai suoi famigliari – alla grande figura di Aldo Moro, brutalmente soppresso il 9 maggio di 33 anni orsono, sul cui dramma umano e sui cui tormentati pensieri nel buio della prigione viene ora gettata nuova luce grazie a ulteriori ricerche e approfondimenti.

O c’è forse bisogno di richiamare – l’ha fatto comunque, e impeccabilmente, qui il Presidente Lupo – il modo in cui i dieci magistrati che oggi ricordiamo e onoriamo, nome per nome, “esercitarono giurisdizione : con la compostezza e la serenità di chi ha di fronte non nemici o avversari da sconfiggere, ma cittadini imputati da giudicare”?

Di qui la grande lezione, che ci fa parlare di una prova aspra e cruda superata dall’Italia unita, uscitane perciò rafforzata nella sua coscienza nazionale, nelle sue istituzioni repubblicane, e quindi nelle sue risorse morali, indispensabili per far fronte con successo alle nuove prove che ci attendono. La lezione è chiara e ha segnato un passaggio decisivo nella nostra storia nazionale : abbiamo dimostrato di essere una democrazia capace di difendersi senza perdersi, capace di reagire ad attacchi e minacce gravi senza snaturarsi. Va detto di fronte ai possibili sviluppi del terrorismo internazionale, pur duramente colpito. E va detto come monito a chiunque può essere tentato di inoltrarsi sulla strada della violenza o, in qualsiasi modo, della sfida all’imperio della legge.

Ringrazio il CSM e il suo Vice Presidente per l’opera composta in segno di omaggio alla memoria di Vittorio Bachelet e di tutti i magistrati uccisi dal terrorismo e dalle mafie. Si sfoglino quelle pagine, ci si soffermi su quei nomi, quei volti, quelle storie, per poter parlare responsabilmente della magistratura e alla magistratura, nella consapevolezza dell’onore che ad essa deve esser reso come premessa di ogni produttivo appello alla collaborazione necessaria per le riforme necessarie. E sia in noi tutti chiara e serena la certezza che le pagine di quest’opera, i profili e i fatti che presenta, le parole che raccoglie sono come pietre, restano più forti di qualsiasi dissennato manifesto venga affisso sui muri della Milano di Emilio Alessandrini e Guido Galli, e di qualsiasi polemica politica indiscriminata.

E infine ringrazio i ragazzi del Bresciano e i ragazzi di tutte le scuole che hanno con alto spirito civile e sentimento nazionale partecipato a progetti di ricerca sulle vicende del terrorismo e su stragi come quella di Piazza della Loggia. Per quest’ultima e non solo per essa – lo dico a Andrea e Alì, e lo dico a Manlio Milani, oltre ogni sconforto – varrà a esigere e fare chiarezza, ne sono sicuro, il portale che oggi inauguriamo della “Rete degli Archivi per non dimenticare”. Non dimenticheremo, opereremo perché l’Italia non dimentichi ma tragga insegnamenti e forza da quelle tragedie. A voi tutti l’abbraccio mio e delle istituzioni in questo Giorno della Memoria che è entrato ormai nel nostro cuore.

Palazzo del Quirinale, 09/05/2011

9 Maggio 2010: Discorso Presidente Repubblica 3 Giornata Naz Vittime Terrorismo

Si è svolta questa mattina al Palazzo del Quirinale, alla presenza del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, la cerimonia di commemorazione del terzo “Giorno della memoria”, giornata nazionale dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice, condotta da Benedetta Tobagi.

In apertura è stato proiettato un video tratto dalla rielaborazione del documentario “Vittime”, realizzato in collaborazione con l’Aiviter (Associazione Italiana Vittime del Terrorismo), il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, la Direzione Generale Cinema, Rai Cinema, Rai Teche, Offside Film e l’Associazione Vittime 2 agosto 1980.

Sono intervenuti, Sonia Zanotti in rappresentanza dell’Associazione dei parenti delle vittime della strage di Bologna; Fortuna Piricò vedova Davì per l’Associazione tra i familiari delle vittime della strage di Ustica; Alessandra Galli, figlia del magistrato Guido Galli; Silvia e Federico Evangelista, figli del brigadiere di polizia Francesco Evangelista; e la professoressa Ilaria Moroni che ha presentato l’iniziativa: “La rete degli archivi per non dimenticare”, promossa da Agnese Moro.

Il Presidente Napolitano ha quindi pronunciato il discorso commemorativo del “Giorno della memoria”.

Erano presenti, con i familiari delle vittime del terrorismo e i rappresentanti delle loro Associazioni, il Vice Presidente del Senato della Repubblica, sen. Emma Bonino, l’on. Renzo Lusetti, in rappresentanza della Camera dei Deputati, il Ministro della Giustizia, on. Angelino Alfano, il sottosegretario di Stato all’Interno, sen. Francesco Nitto Palma, il Prof. Franco Gallo per la Corte costituzionale, la Presidente dell’Associzione “Memoria”, signora Mariella Magi Dionisi e numerose autorità civili e militari.

INTERVENTO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
GIORGIO NAPOLITANO

Signor Presidente della Camera,
Signori rappresentanti del Senato e della Corte Costituzionale,
Signori Ministri,
Cari amici che siete qui in rappresentanza di tante famiglie ferite a cui lo Stato democratico deve sempre e in concreto restare vicino,

Rivolgo il mio saluto, sempre memore e grato, a tutti i famigliari delle vittime del terrorismo e delle stragi; un particolare saluto e omaggio ai famigliari di Aldo Moro, il ricordo del cui sacrificio rimane inciso nella stessa data di questo Giorno della Memoria.

Un grazie, innanzitutto, a Benedetta Tobagi : per la collaborazione che ci ha prestato nello svolgimento della cerimonia di questa mattina, e per il bellissimo dono che ci ha fatto, per il prezioso contributo che ha dato alla nostra causa comune, con il libro “Come mi batte forte il tuo cuore”. Vedete, la memoria delle vittime del terrorismo – di quella lunga, sanguinosa stagione – si coltiva in molti modi, privati e pubblici, tutti ugualmente apprezzabili. Ma quanti riescono a raccontare le storie di vita e di sacrificio dei loro cari, iniquamente e precocemente perduti, arricchiscono il nostro sforzo collettivo di una singolare capacità di comunicazione, di coinvolgimento emotivo, di vibrazione umana : che apre l’animo di tanti, pur lontanissimi dal mondo delle vittime del terrorismo e dei loro famigliari, alla comprensione intima di quel mondo e alla lezione di quei tragici eventi.

Chi riesce a scrivere, o a raccontare per immagini, la storia, poniamo, del proprio padre ucciso dai terroristi di un gruppo o dell’altro, rende un servigio alla memoria di tutte le vittime, anche le meno note, le più umili.

Perciò ringrazio Benedetta, per la cura con cui ha raccontato la storia di Walter Tobagi, del suo impegno civile e delle sue vicende e battaglie professionali, che è poi storia di un periodo difficile della vita politica italiana, anch’esso ricostruito con sapienza e schiettezza fin nei suoi aspetti più complessi e delicati. Una storia – nel libro che è anche denso di introspezione autobiografica e di riflessione culturale – ripercorsa con cura e con amore, come altre – come la storia del maresciallo Berardi raccontata dal figlio nel libro che mi ha appena consegnato. E penso alla storia del magistrato Guido Galli, affidata a un fitto mosaico di testimonianze scritte, a un bel filmato “La sua speranza è viva”, e qui, oggi, alle intense parole della figlia Alessandra; o a quella dell’avvocato Giorgio Ambrosoli, pubblicata dal figlio Umberto un anno fa, a trent’anni di distanza da quell’assassinio di marca mafiosa ed eversiva; o a quella del professor Ezio Tarantelli – assassinato dalle Brigate Rosse nel 1985 – raccontata per immagini, di grande efficacia cinematografica, dal figlio Luca in “La forza delle idee”.

L’amore per il padre, in diversi casi appena conosciuto, è il sentimento che accomuna tanti famigliari di vittime del terrorismo, che s’intreccia con l’amore e l’atroce dolore dei genitori e delle mogli, e diviene una sorta di passaggio di testimone verso generazioni più giovani di quelle delle vittime.

Grazie, dunque, a quanti sono riusciti a dare questi contributi, belli ed eloquenti anche letterariamente, e agli altri che hanno parlato questa mattina, a Silvia Evangelista, figlia di Francesco – Vice Brigadiere di Pubblica Sicurezza – a Sonia Zanotti e a Fortuna Piricò vedova Davì, che ci hanno riportato alle tragedie delle stragi di Bologna e di Ustica di cui dirò tra breve.

“Quello del 1980” – ha detto aprendo la cerimonia Benedetta Tobagi – “è un bilancio di morte scioccante, che toglie il respiro. 36 vittime di atti di terrorismo individuale, rosso e nero, 85 vittime della strage di Bologna, 81 della strage di Ustica”. In certe settimane, la folle furia terroristica colpiva quotidianamente : il 16 marzo, a Salerno, Nicola Giacumbi, magistrato ; il 18 marzo, a Roma, Girolamo Minervini, magistrato ; il 19 marzo, a Milano, Guido Galli. Uomini di legge : come, in quello stesso anno, anche Mario Amato, a Roma, e prima, il 12 febbraio, Vittorio Bachelet, alla cui straordinaria figura abbiamo mesi fa reso omaggio, insieme con il Consiglio Superiore della Magistratura, nell’Aula Magna dell’Università “La Sapienza”.

Tanti colpi mortali furono sferrati, nell’orribile 1980 contro servitori dello Stato e uomini semplici, tutti vittime innocenti di ciechi disegni distruttivi : il generale dei Carabinieri e la guardia giurata, il dirigente di azienda e il tipografo – per odio politico perfino la casalinga e il cuoco. Li ricordiamo con commozione tutti – i loro nomi li abbiamo iscritti due anni fa nell’albo della memoria che abbiamo dedicato loro – e ci stringiamo con affetto a tutti i famigliari.

Ho voluto mettere l’accento sul sacrificio di uomini di legge, per sottolineare come da magistrati, avvocati, docenti di diritto venne un contributo peculiare di fermezza, di coraggio e insieme di quotidiana serenità e umanità nello svolgimento di una funzione essenziale per poter resistere all’ondata terroristica e averne ragione : la funzione dell’amministrare la giustizia secondo legge e secondo Costituzione, sempre, contro ogni minaccia e ogni prevaricazione. Ed è bello poter additare ad esempio per i giovani che entrano in magistratura figure come quella di Guido Galli, e vedere le figlie raccoglierne l’impegno, allo stesso modo in cui Umberto Ambrosoli ha raccolto l’impegno di avvocato del padre Giorgio, e in cui i figli del Vice Brigadiere Evangelista indossano la stessa divisa di polizia del loro genitore.

L’altra considerazione a cui non si sfugge ricordando alcune delle personalità scomparse in quella notte della Repubblica che furono gli anni del terrorismo omicida, riguarda la gravità delle ferite subite dalla nostra comunità nazionale : maestri di diritto e di vita morale come Vittorio Bachelet, magistrati di altissima qualità come Guido Galli, economisti geniali come Ezio Tarantelli, quante energie preziose, ancora giovani, destinate a superare molte nuove prove, ha perduto l’Italia – un impoverimento che è stato, insieme con lo sconvolgimento della vita civile e della vita politica, il prezzo pagato dal nostro paese a quella deriva ideologica generazionale e a quei torbidi intrecci eversivi che espressero e alimentarono il terrorismo tra gli anni ’70 e ’80 dello scorso secolo.

Intrecci eversivi, nel caso di Ustica forse anche intrighi internazionali, che non possiamo oggi non richiamare – insieme con opacità di comportamenti da parte di corpi dello Stato, a inefficienze di apparati e di interventi deputati all’accertamento della verità – nel rivolgere la nostra solidarietà a chi ha duramente pagato di persona o è stato colpito nei propri affetti famigliari per effetto delle stragi degli anni ’80.

Tre lunghi decenni sono passati. Per il devastante attentato alla Stazione Centrale di Bologna, i processi si sono susseguiti fino all’aprile 2007, tra progressi nel ricostruire i fatti e individuare le responsabilità, battute d’arresto, ritorni indietro, sentenze definitive. Un iter tormentoso per quanti hanno atteso giustizia. Le ombre e i dubbi che sono rimasti hanno stimolato un nuovo filone d’indagine, dagli sviluppi ancora imprevedibili. E c’è chi come Sonia Zanotti ha vissuto questo trentennio con una ininterrotta ansia di giustizia e in un percorso dolorosissimo di sofferenze fisiche e psicologiche. Siamo accanto a lei come a tutti coloro le cui vite sono state spezzate da quell’inferno del 2 agosto 1980 ; e insieme sollecitiamo il governo a sciogliere i nodi che rendono ancora incerto e precario l’insieme dei diritti pure riconosciuti per legge a chi è sopravvissuto e ai famigliari delle vittime.

Vorrei che sentissero egualmente vicine le istituzioni i parenti delle vittime della strage di Ustica ; è stato giusto ascoltare la loro voce nel nostro incontro di oggi, anche perché tutti sappiano come comprendiamo il loro tenace invocare ogni sforzo possibile, anche sul piano dei rapporti internazionali, per giungere a una veritiera ricostruzione di quel che avvenne la notte del 27 giugno 1980.

Concludo. Persone della mia generazione, ritornando col pensiero al clima angoscioso di tensione anche sul piano politico e istituzionale di cui furono partecipi, fanno quasi fatica a rivivere quel che significò per anni l’interrogarsi sulle sorti – circondate allora di pesanti incognite – della democrazia e della nazione. L’Italia corse rischi estremi : ci dà forza il ricordarlo perché sapemmo uscirne nettamente, pur pagando quei duri prezzi che ho voluto richiamare, e avemmo così la prova di quanto profonde fossero tra gli italiani le riserve di attaccamento alla libertà, alla legalità, ai principi costituzionali della convivenza democratica, su cui poter contare.

Ebbene, quelle riserve vanno accuratamente preservate, ravvivate, e messe in campo nella situazione attuale del paese e del mondo che ci circonda. Dall’esterno dell’Italia, da diverse aree di crisi e di conflitto meno lontane dall’Europa di quanto magari non dica la carta geografica, giungono fino a noi gli echi del più cupo fondamentalismo, del rifiuto di ogni dialogo tollerante ed aperto tra sistemi di valori diversi, e giungono insieme le insidiosissime diramazioni del terrorismo internazionale. Anche il nostro paese non è esente da contagi e infiltrazioni di quel terrorismo ; l’impegno di vigilanza su tale versante dev’essere più che mai forte, congiungendosi con quello che esplichiamo con la partecipazione a missioni internazionali di garanzia della pace e della stabilità in aree di crisi tra le più esposte e difficili.

Nello stesso tempo, specie guardando ai problemi da affrontare anche in Italia su terreno economico e sociale in una fase che è stata e rimane critica per tutta l’Europa, è necessario tenere sempre alta la guardia contro il riattizzarsi di nuove possibili tentazioni di ricorso alla protesta violenta, e di focolai, non spenti una volta per tutte, di fanatismo politico e ideologico. No alla violenza e alla rottura della legalità in qualsiasi forma : è un imperativo da non trascurare in nessun momento, in funzione della lotta che si combatte, anche con importanti successi, contro la criminalità organizzata, ma più in generale in funzione di uno sviluppo economico, politico e civile degno delle tradizioni democratiche e del ruolo dell’Italia.

Sono convinto che anche questa sia la lezione che viene, che anche questo sia il contributo che può venire, da una sempre più ricca pratica della memoria della devastante esperienza del terrorismo italiano. Oggi salutiamo l’apporto di cui ci ha parlato, la rappresentante della “Rete degli Archivi per non dimenticare”, e salutiamo l’impegno di tutti voi, cari famigliari delle vittime. Non vi sentite mai soli, sappiate che non vi mancherà mai il nostro abbraccio affettuoso.

9 maggio 2010: 3 Giornata Nazionale Memoria Vittime Terrorismo – prima parte

Si è svolta questa mattina al Palazzo del Quirinale, alla presenza del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, la cerimonia di commemorazione del terzo “Giorno della memoria”, giornata nazionale dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice, condotta da Benedetta Tobagi.

In apertura è stato proiettato un video tratto dalla rielaborazione del documentario “Vittime”, realizzato in collaborazione con l’Aiviter (Associazione Italiana Vittime del Terrorismo), il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, la Direzione Generale Cinema, Rai Cinema, Rai Teche, Offside Film e l’Associazione Vittime 2 agosto 1980.

Sono intervenuti, Sonia Zanotti in rappresentanza dell’Associazione dei parenti delle vittime della strage di Bologna; Fortuna Piricò vedova Davì per l’Associazione tra i familiari delle vittime della strage di Ustica; Alessandra Galli, figlia del magistrato Guido Galli; Silvia e Federico Evangelista, figli del brigadiere di polizia Francesco Evangelista; e la professoressa Ilaria Moroni che ha presentato l’iniziativa: “La rete degli archivi per non dimenticare”, promossa da Agnese Moro.

Il Presidente Napolitano ha quindi pronunciato il discorso commemorativo del “Giorno della memoria”.

Erano presenti, con i familiari delle vittime del terrorismo e i rappresentanti delle loro Associazioni, il Vice Presidente del Senato della Repubblica, sen. Emma Bonino, l’on. Renzo Lusetti, in rappresentanza della Camera dei Deputati, il Ministro della Giustizia, on. Angelino Alfano, il sottosegretario di Stato all’Interno, sen. Francesco Nitto Palma, il Prof. Franco Gallo per la Corte costituzionale, la Presidente dell’Associzione “Memoria”, signora Mariella Magi Dionisi e numerose autorità civili e militari.

INTERVENTO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
GIORGIO NAPOLITANO

Signor Presidente della Camera,
Signori rappresentanti del Senato e della Corte Costituzionale,
Signori Ministri,
Cari amici che siete qui in rappresentanza di tante famiglie ferite a cui lo Stato democratico deve sempre e in concreto restare vicino,

Rivolgo il mio saluto, sempre memore e grato, a tutti i famigliari delle vittime del terrorismo e delle stragi; un particolare saluto e omaggio ai famigliari di Aldo Moro, il ricordo del cui sacrificio rimane inciso nella stessa data di questo Giorno della Memoria.

Un grazie, innanzitutto, a Benedetta Tobagi : per la collaborazione che ci ha prestato nello svolgimento della cerimonia di questa mattina, e per il bellissimo dono che ci ha fatto, per il prezioso contributo che ha dato alla nostra causa comune, con il libro “Come mi batte forte il tuo cuore”. Vedete, la memoria delle vittime del terrorismo – di quella lunga, sanguinosa stagione – si coltiva in molti modi, privati e pubblici, tutti ugualmente apprezzabili. Ma quanti riescono a raccontare le storie di vita e di sacrificio dei loro cari, iniquamente e precocemente perduti, arricchiscono il nostro sforzo collettivo di una singolare capacità di comunicazione, di coinvolgimento emotivo, di vibrazione umana : che apre l’animo di tanti, pur lontanissimi dal mondo delle vittime del terrorismo e dei loro famigliari, alla comprensione intima di quel mondo e alla lezione di quei tragici eventi.

Chi riesce a scrivere, o a raccontare per immagini, la storia, poniamo, del proprio padre ucciso dai terroristi di un gruppo o dell’altro, rende un servigio alla memoria di tutte le vittime, anche le meno note, le più umili.

Perciò ringrazio Benedetta, per la cura con cui ha raccontato la storia di Walter Tobagi, del suo impegno civile e delle sue vicende e battaglie professionali, che è poi storia di un periodo difficile della vita politica italiana, anch’esso ricostruito con sapienza e schiettezza fin nei suoi aspetti più complessi e delicati. Una storia – nel libro che è anche denso di introspezione autobiografica e di riflessione culturale – ripercorsa con cura e con amore, come altre – come la storia del maresciallo Berardi raccontata dal figlio nel libro che mi ha appena consegnato. E penso alla storia del magistrato Guido Galli, affidata a un fitto mosaico di testimonianze scritte, a un bel filmato “La sua speranza è viva”, e qui, oggi, alle intense parole della figlia Alessandra; o a quella dell’avvocato Giorgio Ambrosoli, pubblicata dal figlio Umberto un anno fa, a trent’anni di distanza da quell’assassinio di marca mafiosa ed eversiva; o a quella del professor Ezio Tarantelli – assassinato dalle Brigate Rosse nel 1985 – raccontata per immagini, di grande efficacia cinematografica, dal figlio Luca in “La forza delle idee”.

L’amore per il padre, in diversi casi appena conosciuto, è il sentimento che accomuna tanti famigliari di vittime del terrorismo, che s’intreccia con l’amore e l’atroce dolore dei genitori e delle mogli, e diviene una sorta di passaggio di testimone verso generazioni più giovani di quelle delle vittime.

Grazie, dunque, a quanti sono riusciti a dare questi contributi, belli ed eloquenti anche letterariamente, e agli altri che hanno parlato questa mattina, a Silvia Evangelista, figlia di Francesco – Vice Brigadiere di Pubblica Sicurezza – a Sonia Zanotti e a Fortuna Piricò vedova Davì, che ci hanno riportato alle tragedie delle stragi di Bologna e di Ustica di cui dirò tra breve.

“Quello del 1980” – ha detto aprendo la cerimonia Benedetta Tobagi – “è un bilancio di morte scioccante, che toglie il respiro. 36 vittime di atti di terrorismo individuale, rosso e nero, 85 vittime della strage di Bologna, 81 della strage di Ustica”. In certe settimane, la folle furia terroristica colpiva quotidianamente : il 16 marzo, a Salerno, Nicola Giacumbi, magistrato ; il 18 marzo, a Roma, Girolamo Minervini, magistrato ; il 19 marzo, a Milano, Guido Galli. Uomini di legge : come, in quello stesso anno, anche Mario Amato, a Roma, e prima, il 12 febbraio, Vittorio Bachelet, alla cui straordinaria figura abbiamo mesi fa reso omaggio, insieme con il Consiglio Superiore della Magistratura, nell’Aula Magna dell’Università “La Sapienza”.

Tanti colpi mortali furono sferrati, nell’orribile 1980 contro servitori dello Stato e uomini semplici, tutti vittime innocenti di ciechi disegni distruttivi : il generale dei Carabinieri e la guardia giurata, il dirigente di azienda e il tipografo – per odio politico perfino la casalinga e il cuoco. Li ricordiamo con commozione tutti – i loro nomi li abbiamo iscritti due anni fa nell’albo della memoria che abbiamo dedicato loro – e ci stringiamo con affetto a tutti i famigliari.

Ho voluto mettere l’accento sul sacrificio di uomini di legge, per sottolineare come da magistrati, avvocati, docenti di diritto venne un contributo peculiare di fermezza, di coraggio e insieme di quotidiana serenità e umanità nello svolgimento di una funzione essenziale per poter resistere all’ondata terroristica e averne ragione : la funzione dell’amministrare la giustizia secondo legge e secondo Costituzione, sempre, contro ogni minaccia e ogni prevaricazione. Ed è bello poter additare ad esempio per i giovani che entrano in magistratura figure come quella di Guido Galli, e vedere le figlie raccoglierne l’impegno, allo stesso modo in cui Umberto Ambrosoli ha raccolto l’impegno di avvocato del padre Giorgio, e in cui i figli del Vice Brigadiere Evangelista indossano la stessa divisa di polizia del loro genitore.

L’altra considerazione a cui non si sfugge ricordando alcune delle personalità scomparse in quella notte della Repubblica che furono gli anni del terrorismo omicida, riguarda la gravità delle ferite subite dalla nostra comunità nazionale : maestri di diritto e di vita morale come Vittorio Bachelet, magistrati di altissima qualità come Guido Galli, economisti geniali come Ezio Tarantelli, quante energie preziose, ancora giovani, destinate a superare molte nuove prove, ha perduto l’Italia – un impoverimento che è stato, insieme con lo sconvolgimento della vita civile e della vita politica, il prezzo pagato dal nostro paese a quella deriva ideologica generazionale e a quei torbidi intrecci eversivi che espressero e alimentarono il terrorismo tra gli anni ’70 e ’80 dello scorso secolo.

Intrecci eversivi, nel caso di Ustica forse anche intrighi internazionali, che non possiamo oggi non richiamare – insieme con opacità di comportamenti da parte di corpi dello Stato, a inefficienze di apparati e di interventi deputati all’accertamento della verità – nel rivolgere la nostra solidarietà a chi ha duramente pagato di persona o è stato colpito nei propri affetti famigliari per effetto delle stragi degli anni ’80.

Tre lunghi decenni sono passati. Per il devastante attentato alla Stazione Centrale di Bologna, i processi si sono susseguiti fino all’aprile 2007, tra progressi nel ricostruire i fatti e individuare le responsabilità, battute d’arresto, ritorni indietro, sentenze definitive. Un iter tormentoso per quanti hanno atteso giustizia. Le ombre e i dubbi che sono rimasti hanno stimolato un nuovo filone d’indagine, dagli sviluppi ancora imprevedibili. E c’è chi come Sonia Zanotti ha vissuto questo trentennio con una ininterrotta ansia di giustizia e in un percorso dolorosissimo di sofferenze fisiche e psicologiche. Siamo accanto a lei come a tutti coloro le cui vite sono state spezzate da quell’inferno del 2 agosto 1980 ; e insieme sollecitiamo il governo a sciogliere i nodi che rendono ancora incerto e precario l’insieme dei diritti pure riconosciuti per legge a chi è sopravvissuto e ai famigliari delle vittime.

Vorrei che sentissero egualmente vicine le istituzioni i parenti delle vittime della strage di Ustica ; è stato giusto ascoltare la loro voce nel nostro incontro di oggi, anche perché tutti sappiano come comprendiamo il loro tenace invocare ogni sforzo possibile, anche sul piano dei rapporti internazionali, per giungere a una veritiera ricostruzione di quel che avvenne la notte del 27 giugno 1980.

Concludo. Persone della mia generazione, ritornando col pensiero al clima angoscioso di tensione anche sul piano politico e istituzionale di cui furono partecipi, fanno quasi fatica a rivivere quel che significò per anni l’interrogarsi sulle sorti – circondate allora di pesanti incognite – della democrazia e della nazione. L’Italia corse rischi estremi : ci dà forza il ricordarlo perché sapemmo uscirne nettamente, pur pagando quei duri prezzi che ho voluto richiamare, e avemmo così la prova di quanto profonde fossero tra gli italiani le riserve di attaccamento alla libertà, alla legalità, ai principi costituzionali della convivenza democratica, su cui poter contare.

Ebbene, quelle riserve vanno accuratamente preservate, ravvivate, e messe in campo nella situazione attuale del paese e del mondo che ci circonda. Dall’esterno dell’Italia, da diverse aree di crisi e di conflitto meno lontane dall’Europa di quanto magari non dica la carta geografica, giungono fino a noi gli echi del più cupo fondamentalismo, del rifiuto di ogni dialogo tollerante ed aperto tra sistemi di valori diversi, e giungono insieme le insidiosissime diramazioni del terrorismo internazionale. Anche il nostro paese non è esente da contagi e infiltrazioni di quel terrorismo ; l’impegno di vigilanza su tale versante dev’essere più che mai forte, congiungendosi con quello che esplichiamo con la partecipazione a missioni internazionali di garanzia della pace e della stabilità in aree di crisi tra le più esposte e difficili.

Nello stesso tempo, specie guardando ai problemi da affrontare anche in Italia su terreno economico e sociale in una fase che è stata e rimane critica per tutta l’Europa, è necessario tenere sempre alta la guardia contro il riattizzarsi di nuove possibili tentazioni di ricorso alla protesta violenta, e di focolai, non spenti una volta per tutte, di fanatismo politico e ideologico. No alla violenza e alla rottura della legalità in qualsiasi forma : è un imperativo da non trascurare in nessun momento, in funzione della lotta che si combatte, anche con importanti successi, contro la criminalità organizzata, ma più in generale in funzione di uno sviluppo economico, politico e civile degno delle tradizioni democratiche e del ruolo dell’Italia.

Sono convinto che anche questa sia la lezione che viene, che anche questo sia il contributo che può venire, da una sempre più ricca pratica della memoria della devastante esperienza del terrorismo italiano. Oggi salutiamo l’apporto di cui ci ha parlato, la rappresentante della “Rete degli Archivi per non dimenticare”, e salutiamo l’impegno di tutti voi, cari famigliari delle vittime. Non vi sentite mai soli, sappiate che non vi mancherà mai il nostro abbraccio affettuoso.

 

 

 

9 maggio 2010: 3 Giornata Nazionale Memoria Vittime Terrorismo – seconda parte

Si è svolta questa mattina al Palazzo del Quirinale, alla presenza del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, la cerimonia di commemorazione del terzo “Giorno della memoria”, giornata nazionale dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice, condotta da Benedetta Tobagi.

In apertura è stato proiettato un video tratto dalla rielaborazione del documentario “Vittime”, realizzato in collaborazione con l’Aiviter (Associazione Italiana Vittime del Terrorismo), il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, la Direzione Generale Cinema, Rai Cinema, Rai Teche, Offside Film e l’Associazione Vittime 2 agosto 1980.

Sono intervenuti, Sonia Zanotti in rappresentanza dell’Associazione dei parenti delle vittime della strage di Bologna; Fortuna Piricò vedova Davì per l’Associazione tra i familiari delle vittime della strage di Ustica; Alessandra Galli, figlia del magistrato Guido Galli; Silvia e Federico Evangelista, figli del brigadiere di polizia Francesco Evangelista; e la professoressa Ilaria Moroni che ha presentato l’iniziativa: “La rete degli archivi per non dimenticare”, promossa da Agnese Moro.

Il Presidente Napolitano ha quindi pronunciato il discorso commemorativo del “Giorno della memoria”.

Erano presenti, con i familiari delle vittime del terrorismo e i rappresentanti delle loro Associazioni, il Vice Presidente del Senato della Repubblica, sen. Emma Bonino, l’on. Renzo Lusetti, in rappresentanza della Camera dei Deputati, il Ministro della Giustizia, on. Angelino Alfano, il sottosegretario di Stato all’Interno, sen. Francesco Nitto Palma, il Prof. Franco Gallo per la Corte costituzionale, la Presidente dell’Associzione “Memoria”, signora Mariella Magi Dionisi e numerose autorità civili e militari.

INTERVENTO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
GIORGIO NAPOLITANO

Signor Presidente della Camera,
Signori rappresentanti del Senato e della Corte Costituzionale,
Signori Ministri,
Cari amici che siete qui in rappresentanza di tante famiglie ferite a cui lo Stato democratico deve sempre e in concreto restare vicino,

Rivolgo il mio saluto, sempre memore e grato, a tutti i famigliari delle vittime del terrorismo e delle stragi; un particolare saluto e omaggio ai famigliari di Aldo Moro, il ricordo del cui sacrificio rimane inciso nella stessa data di questo Giorno della Memoria.

Un grazie, innanzitutto, a Benedetta Tobagi : per la collaborazione che ci ha prestato nello svolgimento della cerimonia di questa mattina, e per il bellissimo dono che ci ha fatto, per il prezioso contributo che ha dato alla nostra causa comune, con il libro “Come mi batte forte il tuo cuore”. Vedete, la memoria delle vittime del terrorismo – di quella lunga, sanguinosa stagione – si coltiva in molti modi, privati e pubblici, tutti ugualmente apprezzabili. Ma quanti riescono a raccontare le storie di vita e di sacrificio dei loro cari, iniquamente e precocemente perduti, arricchiscono il nostro sforzo collettivo di una singolare capacità di comunicazione, di coinvolgimento emotivo, di vibrazione umana : che apre l’animo di tanti, pur lontanissimi dal mondo delle vittime del terrorismo e dei loro famigliari, alla comprensione intima di quel mondo e alla lezione di quei tragici eventi.

Chi riesce a scrivere, o a raccontare per immagini, la storia, poniamo, del proprio padre ucciso dai terroristi di un gruppo o dell’altro, rende un servigio alla memoria di tutte le vittime, anche le meno note, le più umili.

Perciò ringrazio Benedetta, per la cura con cui ha raccontato la storia di Walter Tobagi, del suo impegno civile e delle sue vicende e battaglie professionali, che è poi storia di un periodo difficile della vita politica italiana, anch’esso ricostruito con sapienza e schiettezza fin nei suoi aspetti più complessi e delicati. Una storia – nel libro che è anche denso di introspezione autobiografica e di riflessione culturale – ripercorsa con cura e con amore, come altre – come la storia del maresciallo Berardi raccontata dal figlio nel libro che mi ha appena consegnato. E penso alla storia del magistrato Guido Galli, affidata a un fitto mosaico di testimonianze scritte, a un bel filmato “La sua speranza è viva”, e qui, oggi, alle intense parole della figlia Alessandra; o a quella dell’avvocato Giorgio Ambrosoli, pubblicata dal figlio Umberto un anno fa, a trent’anni di distanza da quell’assassinio di marca mafiosa ed eversiva; o a quella del professor Ezio Tarantelli – assassinato dalle Brigate Rosse nel 1985 – raccontata per immagini, di grande efficacia cinematografica, dal figlio Luca in “La forza delle idee”.

L’amore per il padre, in diversi casi appena conosciuto, è il sentimento che accomuna tanti famigliari di vittime del terrorismo, che s’intreccia con l’amore e l’atroce dolore dei genitori e delle mogli, e diviene una sorta di passaggio di testimone verso generazioni più giovani di quelle delle vittime.

Grazie, dunque, a quanti sono riusciti a dare questi contributi, belli ed eloquenti anche letterariamente, e agli altri che hanno parlato questa mattina, a Silvia Evangelista, figlia di Francesco – Vice Brigadiere di Pubblica Sicurezza – a Sonia Zanotti e a Fortuna Piricò vedova Davì, che ci hanno riportato alle tragedie delle stragi di Bologna e di Ustica di cui dirò tra breve.

“Quello del 1980” – ha detto aprendo la cerimonia Benedetta Tobagi – “è un bilancio di morte scioccante, che toglie il respiro. 36 vittime di atti di terrorismo individuale, rosso e nero, 85 vittime della strage di Bologna, 81 della strage di Ustica”. In certe settimane, la folle furia terroristica colpiva quotidianamente : il 16 marzo, a Salerno, Nicola Giacumbi, magistrato ; il 18 marzo, a Roma, Girolamo Minervini, magistrato ; il 19 marzo, a Milano, Guido Galli. Uomini di legge : come, in quello stesso anno, anche Mario Amato, a Roma, e prima, il 12 febbraio, Vittorio Bachelet, alla cui straordinaria figura abbiamo mesi fa reso omaggio, insieme con il Consiglio Superiore della Magistratura, nell’Aula Magna dell’Università “La Sapienza”.

Tanti colpi mortali furono sferrati, nell’orribile 1980 contro servitori dello Stato e uomini semplici, tutti vittime innocenti di ciechi disegni distruttivi : il generale dei Carabinieri e la guardia giurata, il dirigente di azienda e il tipografo – per odio politico perfino la casalinga e il cuoco. Li ricordiamo con commozione tutti – i loro nomi li abbiamo iscritti due anni fa nell’albo della memoria che abbiamo dedicato loro – e ci stringiamo con affetto a tutti i famigliari.

Ho voluto mettere l’accento sul sacrificio di uomini di legge, per sottolineare come da magistrati, avvocati, docenti di diritto venne un contributo peculiare di fermezza, di coraggio e insieme di quotidiana serenità e umanità nello svolgimento di una funzione essenziale per poter resistere all’ondata terroristica e averne ragione : la funzione dell’amministrare la giustizia secondo legge e secondo Costituzione, sempre, contro ogni minaccia e ogni prevaricazione. Ed è bello poter additare ad esempio per i giovani che entrano in magistratura figure come quella di Guido Galli, e vedere le figlie raccoglierne l’impegno, allo stesso modo in cui Umberto Ambrosoli ha raccolto l’impegno di avvocato del padre Giorgio, e in cui i figli del Vice Brigadiere Evangelista indossano la stessa divisa di polizia del loro genitore.

L’altra considerazione a cui non si sfugge ricordando alcune delle personalità scomparse in quella notte della Repubblica che furono gli anni del terrorismo omicida, riguarda la gravità delle ferite subite dalla nostra comunità nazionale : maestri di diritto e di vita morale come Vittorio Bachelet, magistrati di altissima qualità come Guido Galli, economisti geniali come Ezio Tarantelli, quante energie preziose, ancora giovani, destinate a superare molte nuove prove, ha perduto l’Italia – un impoverimento che è stato, insieme con lo sconvolgimento della vita civile e della vita politica, il prezzo pagato dal nostro paese a quella deriva ideologica generazionale e a quei torbidi intrecci eversivi che espressero e alimentarono il terrorismo tra gli anni ’70 e ’80 dello scorso secolo.

Intrecci eversivi, nel caso di Ustica forse anche intrighi internazionali, che non possiamo oggi non richiamare – insieme con opacità di comportamenti da parte di corpi dello Stato, a inefficienze di apparati e di interventi deputati all’accertamento della verità – nel rivolgere la nostra solidarietà a chi ha duramente pagato di persona o è stato colpito nei propri affetti famigliari per effetto delle stragi degli anni ’80.

Tre lunghi decenni sono passati. Per il devastante attentato alla Stazione Centrale di Bologna, i processi si sono susseguiti fino all’aprile 2007, tra progressi nel ricostruire i fatti e individuare le responsabilità, battute d’arresto, ritorni indietro, sentenze definitive. Un iter tormentoso per quanti hanno atteso giustizia. Le ombre e i dubbi che sono rimasti hanno stimolato un nuovo filone d’indagine, dagli sviluppi ancora imprevedibili. E c’è chi come Sonia Zanotti ha vissuto questo trentennio con una ininterrotta ansia di giustizia e in un percorso dolorosissimo di sofferenze fisiche e psicologiche. Siamo accanto a lei come a tutti coloro le cui vite sono state spezzate da quell’inferno del 2 agosto 1980 ; e insieme sollecitiamo il governo a sciogliere i nodi che rendono ancora incerto e precario l’insieme dei diritti pure riconosciuti per legge a chi è sopravvissuto e ai famigliari delle vittime.

Vorrei che sentissero egualmente vicine le istituzioni i parenti delle vittime della strage di Ustica ; è stato giusto ascoltare la loro voce nel nostro incontro di oggi, anche perché tutti sappiano come comprendiamo il loro tenace invocare ogni sforzo possibile, anche sul piano dei rapporti internazionali, per giungere a una veritiera ricostruzione di quel che avvenne la notte del 27 giugno 1980.

Concludo. Persone della mia generazione, ritornando col pensiero al clima angoscioso di tensione anche sul piano politico e istituzionale di cui furono partecipi, fanno quasi fatica a rivivere quel che significò per anni l’interrogarsi sulle sorti – circondate allora di pesanti incognite – della democrazia e della nazione. L’Italia corse rischi estremi : ci dà forza il ricordarlo perché sapemmo uscirne nettamente, pur pagando quei duri prezzi che ho voluto richiamare, e avemmo così la prova di quanto profonde fossero tra gli italiani le riserve di attaccamento alla libertà, alla legalità, ai principi costituzionali della convivenza democratica, su cui poter contare.

Ebbene, quelle riserve vanno accuratamente preservate, ravvivate, e messe in campo nella situazione attuale del paese e del mondo che ci circonda. Dall’esterno dell’Italia, da diverse aree di crisi e di conflitto meno lontane dall’Europa di quanto magari non dica la carta geografica, giungono fino a noi gli echi del più cupo fondamentalismo, del rifiuto di ogni dialogo tollerante ed aperto tra sistemi di valori diversi, e giungono insieme le insidiosissime diramazioni del terrorismo internazionale. Anche il nostro paese non è esente da contagi e infiltrazioni di quel terrorismo ; l’impegno di vigilanza su tale versante dev’essere più che mai forte, congiungendosi con quello che esplichiamo con la partecipazione a missioni internazionali di garanzia della pace e della stabilità in aree di crisi tra le più esposte e difficili.

Nello stesso tempo, specie guardando ai problemi da affrontare anche in Italia su terreno economico e sociale in una fase che è stata e rimane critica per tutta l’Europa, è necessario tenere sempre alta la guardia contro il riattizzarsi di nuove possibili tentazioni di ricorso alla protesta violenta, e di focolai, non spenti una volta per tutte, di fanatismo politico e ideologico. No alla violenza e alla rottura della legalità in qualsiasi forma : è un imperativo da non trascurare in nessun momento, in funzione della lotta che si combatte, anche con importanti successi, contro la criminalità organizzata, ma più in generale in funzione di uno sviluppo economico, politico e civile degno delle tradizioni democratiche e del ruolo dell’Italia.

Sono convinto che anche questa sia la lezione che viene, che anche questo sia il contributo che può venire, da una sempre più ricca pratica della memoria della devastante esperienza del terrorismo italiano. Oggi salutiamo l’apporto di cui ci ha parlato, la rappresentante della “Rete degli Archivi per non dimenticare”, e salutiamo l’impegno di tutti voi, cari famigliari delle vittime. Non vi sentite mai soli, sappiate che non vi mancherà mai il nostro abbraccio affettuoso.

9 maggio 2010: 3 Giornata Nazionale Memoria Vittime Terrorismo – terza parte

Si è svolta questa mattina al Palazzo del Quirinale, alla presenza del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, la cerimonia di commemorazione del terzo “Giorno della memoria”, giornata nazionale dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice, condotta da Benedetta Tobagi.

In apertura è stato proiettato un video tratto dalla rielaborazione del documentario “Vittime”, realizzato in collaborazione con l’Aiviter (Associazione Italiana Vittime del Terrorismo), il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, la Direzione Generale Cinema, Rai Cinema, Rai Teche, Offside Film e l’Associazione Vittime 2 agosto 1980.

Sono intervenuti, Sonia Zanotti in rappresentanza dell’Associazione dei parenti delle vittime della strage di Bologna; Fortuna Piricò vedova Davì per l’Associazione tra i familiari delle vittime della strage di Ustica; Alessandra Galli, figlia del magistrato Guido Galli; Silvia e Federico Evangelista, figli del brigadiere di polizia Francesco Evangelista; e la professoressa Ilaria Moroni che ha presentato l’iniziativa: “La rete degli archivi per non dimenticare”, promossa da Agnese Moro.

Il Presidente Napolitano ha quindi pronunciato il discorso commemorativo del “Giorno della memoria”.

Erano presenti, con i familiari delle vittime del terrorismo e i rappresentanti delle loro Associazioni, il Vice Presidente del Senato della Repubblica, sen. Emma Bonino, l’on. Renzo Lusetti, in rappresentanza della Camera dei Deputati, il Ministro della Giustizia, on. Angelino Alfano, il sottosegretario di Stato all’Interno, sen. Francesco Nitto Palma, il Prof. Franco Gallo per la Corte costituzionale, la Presidente dell’Associzione “Memoria”, signora Mariella Magi Dionisi e numerose autorità civili e militari.

INTERVENTO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
GIORGIO NAPOLITANO

Signor Presidente della Camera,
Signori rappresentanti del Senato e della Corte Costituzionale,
Signori Ministri,
Cari amici che siete qui in rappresentanza di tante famiglie ferite a cui lo Stato democratico deve sempre e in concreto restare vicino,

Rivolgo il mio saluto, sempre memore e grato, a tutti i famigliari delle vittime del terrorismo e delle stragi; un particolare saluto e omaggio ai famigliari di Aldo Moro, il ricordo del cui sacrificio rimane inciso nella stessa data di questo Giorno della Memoria.

Un grazie, innanzitutto, a Benedetta Tobagi : per la collaborazione che ci ha prestato nello svolgimento della cerimonia di questa mattina, e per il bellissimo dono che ci ha fatto, per il prezioso contributo che ha dato alla nostra causa comune, con il libro “Come mi batte forte il tuo cuore”. Vedete, la memoria delle vittime del terrorismo – di quella lunga, sanguinosa stagione – si coltiva in molti modi, privati e pubblici, tutti ugualmente apprezzabili. Ma quanti riescono a raccontare le storie di vita e di sacrificio dei loro cari, iniquamente e precocemente perduti, arricchiscono il nostro sforzo collettivo di una singolare capacità di comunicazione, di coinvolgimento emotivo, di vibrazione umana : che apre l’animo di tanti, pur lontanissimi dal mondo delle vittime del terrorismo e dei loro famigliari, alla comprensione intima di quel mondo e alla lezione di quei tragici eventi.

Chi riesce a scrivere, o a raccontare per immagini, la storia, poniamo, del proprio padre ucciso dai terroristi di un gruppo o dell’altro, rende un servigio alla memoria di tutte le vittime, anche le meno note, le più umili.

Perciò ringrazio Benedetta, per la cura con cui ha raccontato la storia di Walter Tobagi, del suo impegno civile e delle sue vicende e battaglie professionali, che è poi storia di un periodo difficile della vita politica italiana, anch’esso ricostruito con sapienza e schiettezza fin nei suoi aspetti più complessi e delicati. Una storia – nel libro che è anche denso di introspezione autobiografica e di riflessione culturale – ripercorsa con cura e con amore, come altre – come la storia del maresciallo Berardi raccontata dal figlio nel libro che mi ha appena consegnato. E penso alla storia del magistrato Guido Galli, affidata a un fitto mosaico di testimonianze scritte, a un bel filmato “La sua speranza è viva”, e qui, oggi, alle intense parole della figlia Alessandra; o a quella dell’avvocato Giorgio Ambrosoli, pubblicata dal figlio Umberto un anno fa, a trent’anni di distanza da quell’assassinio di marca mafiosa ed eversiva; o a quella del professor Ezio Tarantelli – assassinato dalle Brigate Rosse nel 1985 – raccontata per immagini, di grande efficacia cinematografica, dal figlio Luca in “La forza delle idee”.

L’amore per il padre, in diversi casi appena conosciuto, è il sentimento che accomuna tanti famigliari di vittime del terrorismo, che s’intreccia con l’amore e l’atroce dolore dei genitori e delle mogli, e diviene una sorta di passaggio di testimone verso generazioni più giovani di quelle delle vittime.

Grazie, dunque, a quanti sono riusciti a dare questi contributi, belli ed eloquenti anche letterariamente, e agli altri che hanno parlato questa mattina, a Silvia Evangelista, figlia di Francesco – Vice Brigadiere di Pubblica Sicurezza – a Sonia Zanotti e a Fortuna Piricò vedova Davì, che ci hanno riportato alle tragedie delle stragi di Bologna e di Ustica di cui dirò tra breve.

“Quello del 1980” – ha detto aprendo la cerimonia Benedetta Tobagi – “è un bilancio di morte scioccante, che toglie il respiro. 36 vittime di atti di terrorismo individuale, rosso e nero, 85 vittime della strage di Bologna, 81 della strage di Ustica”. In certe settimane, la folle furia terroristica colpiva quotidianamente : il 16 marzo, a Salerno, Nicola Giacumbi, magistrato ; il 18 marzo, a Roma, Girolamo Minervini, magistrato ; il 19 marzo, a Milano, Guido Galli. Uomini di legge : come, in quello stesso anno, anche Mario Amato, a Roma, e prima, il 12 febbraio, Vittorio Bachelet, alla cui straordinaria figura abbiamo mesi fa reso omaggio, insieme con il Consiglio Superiore della Magistratura, nell’Aula Magna dell’Università “La Sapienza”.

Tanti colpi mortali furono sferrati, nell’orribile 1980 contro servitori dello Stato e uomini semplici, tutti vittime innocenti di ciechi disegni distruttivi : il generale dei Carabinieri e la guardia giurata, il dirigente di azienda e il tipografo – per odio politico perfino la casalinga e il cuoco. Li ricordiamo con commozione tutti – i loro nomi li abbiamo iscritti due anni fa nell’albo della memoria che abbiamo dedicato loro – e ci stringiamo con affetto a tutti i famigliari.

Ho voluto mettere l’accento sul sacrificio di uomini di legge, per sottolineare come da magistrati, avvocati, docenti di diritto venne un contributo peculiare di fermezza, di coraggio e insieme di quotidiana serenità e umanità nello svolgimento di una funzione essenziale per poter resistere all’ondata terroristica e averne ragione : la funzione dell’amministrare la giustizia secondo legge e secondo Costituzione, sempre, contro ogni minaccia e ogni prevaricazione. Ed è bello poter additare ad esempio per i giovani che entrano in magistratura figure come quella di Guido Galli, e vedere le figlie raccoglierne l’impegno, allo stesso modo in cui Umberto Ambrosoli ha raccolto l’impegno di avvocato del padre Giorgio, e in cui i figli del Vice Brigadiere Evangelista indossano la stessa divisa di polizia del loro genitore.

L’altra considerazione a cui non si sfugge ricordando alcune delle personalità scomparse in quella notte della Repubblica che furono gli anni del terrorismo omicida, riguarda la gravità delle ferite subite dalla nostra comunità nazionale : maestri di diritto e di vita morale come Vittorio Bachelet, magistrati di altissima qualità come Guido Galli, economisti geniali come Ezio Tarantelli, quante energie preziose, ancora giovani, destinate a superare molte nuove prove, ha perduto l’Italia – un impoverimento che è stato, insieme con lo sconvolgimento della vita civile e della vita politica, il prezzo pagato dal nostro paese a quella deriva ideologica generazionale e a quei torbidi intrecci eversivi che espressero e alimentarono il terrorismo tra gli anni ’70 e ’80 dello scorso secolo.

Intrecci eversivi, nel caso di Ustica forse anche intrighi internazionali, che non possiamo oggi non richiamare – insieme con opacità di comportamenti da parte di corpi dello Stato, a inefficienze di apparati e di interventi deputati all’accertamento della verità – nel rivolgere la nostra solidarietà a chi ha duramente pagato di persona o è stato colpito nei propri affetti famigliari per effetto delle stragi degli anni ’80.

Tre lunghi decenni sono passati. Per il devastante attentato alla Stazione Centrale di Bologna, i processi si sono susseguiti fino all’aprile 2007, tra progressi nel ricostruire i fatti e individuare le responsabilità, battute d’arresto, ritorni indietro, sentenze definitive. Un iter tormentoso per quanti hanno atteso giustizia. Le ombre e i dubbi che sono rimasti hanno stimolato un nuovo filone d’indagine, dagli sviluppi ancora imprevedibili. E c’è chi come Sonia Zanotti ha vissuto questo trentennio con una ininterrotta ansia di giustizia e in un percorso dolorosissimo di sofferenze fisiche e psicologiche. Siamo accanto a lei come a tutti coloro le cui vite sono state spezzate da quell’inferno del 2 agosto 1980 ; e insieme sollecitiamo il governo a sciogliere i nodi che rendono ancora incerto e precario l’insieme dei diritti pure riconosciuti per legge a chi è sopravvissuto e ai famigliari delle vittime.

Vorrei che sentissero egualmente vicine le istituzioni i parenti delle vittime della strage di Ustica ; è stato giusto ascoltare la loro voce nel nostro incontro di oggi, anche perché tutti sappiano come comprendiamo il loro tenace invocare ogni sforzo possibile, anche sul piano dei rapporti internazionali, per giungere a una veritiera ricostruzione di quel che avvenne la notte del 27 giugno 1980.

Concludo. Persone della mia generazione, ritornando col pensiero al clima angoscioso di tensione anche sul piano politico e istituzionale di cui furono partecipi, fanno quasi fatica a rivivere quel che significò per anni l’interrogarsi sulle sorti – circondate allora di pesanti incognite – della democrazia e della nazione. L’Italia corse rischi estremi : ci dà forza il ricordarlo perché sapemmo uscirne nettamente, pur pagando quei duri prezzi che ho voluto richiamare, e avemmo così la prova di quanto profonde fossero tra gli italiani le riserve di attaccamento alla libertà, alla legalità, ai principi costituzionali della convivenza democratica, su cui poter contare.

Ebbene, quelle riserve vanno accuratamente preservate, ravvivate, e messe in campo nella situazione attuale del paese e del mondo che ci circonda. Dall’esterno dell’Italia, da diverse aree di crisi e di conflitto meno lontane dall’Europa di quanto magari non dica la carta geografica, giungono fino a noi gli echi del più cupo fondamentalismo, del rifiuto di ogni dialogo tollerante ed aperto tra sistemi di valori diversi, e giungono insieme le insidiosissime diramazioni del terrorismo internazionale. Anche il nostro paese non è esente da contagi e infiltrazioni di quel terrorismo ; l’impegno di vigilanza su tale versante dev’essere più che mai forte, congiungendosi con quello che esplichiamo con la partecipazione a missioni internazionali di garanzia della pace e della stabilità in aree di crisi tra le più esposte e difficili.

Nello stesso tempo, specie guardando ai problemi da affrontare anche in Italia su terreno economico e sociale in una fase che è stata e rimane critica per tutta l’Europa, è necessario tenere sempre alta la guardia contro il riattizzarsi di nuove possibili tentazioni di ricorso alla protesta violenta, e di focolai, non spenti una volta per tutte, di fanatismo politico e ideologico. No alla violenza e alla rottura della legalità in qualsiasi forma : è un imperativo da non trascurare in nessun momento, in funzione della lotta che si combatte, anche con importanti successi, contro la criminalità organizzata, ma più in generale in funzione di uno sviluppo economico, politico e civile degno delle tradizioni democratiche e del ruolo dell’Italia.

Sono convinto che anche questa sia la lezione che viene, che anche questo sia il contributo che può venire, da una sempre più ricca pratica della memoria della devastante esperienza del terrorismo italiano. Oggi salutiamo l’apporto di cui ci ha parlato, la rappresentante della “Rete degli Archivi per non dimenticare”, e salutiamo l’impegno di tutti voi, cari famigliari delle vittime. Non vi sentite mai soli, sappiate che non vi mancherà mai il nostro abbraccio affettuoso.

9 maggio 2010: 3 Giornata Nazionale Memoria Vittime Terrorismo – quarta parte

Si è svolta questa mattina al Palazzo del Quirinale, alla presenza del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, la cerimonia di commemorazione del terzo “Giorno della memoria”, giornata nazionale dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice, condotta da Benedetta Tobagi.

In apertura è stato proiettato un video tratto dalla rielaborazione del documentario “Vittime”, realizzato in collaborazione con l’Aiviter (Associazione Italiana Vittime del Terrorismo), il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, la Direzione Generale Cinema, Rai Cinema, Rai Teche, Offside Film e l’Associazione Vittime 2 agosto 1980.

Sono intervenuti, Sonia Zanotti in rappresentanza dell’Associazione dei parenti delle vittime della strage di Bologna; Fortuna Piricò vedova Davì per l’Associazione tra i familiari delle vittime della strage di Ustica; Alessandra Galli, figlia del magistrato Guido Galli; Silvia e Federico Evangelista, figli del brigadiere di polizia Francesco Evangelista; e la professoressa Ilaria Moroni che ha presentato l’iniziativa: “La rete degli archivi per non dimenticare”, promossa da Agnese Moro.

Il Presidente Napolitano ha quindi pronunciato il discorso commemorativo del “Giorno della memoria”.

Erano presenti, con i familiari delle vittime del terrorismo e i rappresentanti delle loro Associazioni, il Vice Presidente del Senato della Repubblica, sen. Emma Bonino, l’on. Renzo Lusetti, in rappresentanza della Camera dei Deputati, il Ministro della Giustizia, on. Angelino Alfano, il sottosegretario di Stato all’Interno, sen. Francesco Nitto Palma, il Prof. Franco Gallo per la Corte costituzionale, la Presidente dell’Associzione “Memoria”, signora Mariella Magi Dionisi e numerose autorità civili e militari.

INTERVENTO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
GIORGIO NAPOLITANO

Signor Presidente della Camera,
Signori rappresentanti del Senato e della Corte Costituzionale,
Signori Ministri,
Cari amici che siete qui in rappresentanza di tante famiglie ferite a cui lo Stato democratico deve sempre e in concreto restare vicino,

Rivolgo il mio saluto, sempre memore e grato, a tutti i famigliari delle vittime del terrorismo e delle stragi; un particolare saluto e omaggio ai famigliari di Aldo Moro, il ricordo del cui sacrificio rimane inciso nella stessa data di questo Giorno della Memoria.

Un grazie, innanzitutto, a Benedetta Tobagi : per la collaborazione che ci ha prestato nello svolgimento della cerimonia di questa mattina, e per il bellissimo dono che ci ha fatto, per il prezioso contributo che ha dato alla nostra causa comune, con il libro “Come mi batte forte il tuo cuore”. Vedete, la memoria delle vittime del terrorismo – di quella lunga, sanguinosa stagione – si coltiva in molti modi, privati e pubblici, tutti ugualmente apprezzabili. Ma quanti riescono a raccontare le storie di vita e di sacrificio dei loro cari, iniquamente e precocemente perduti, arricchiscono il nostro sforzo collettivo di una singolare capacità di comunicazione, di coinvolgimento emotivo, di vibrazione umana : che apre l’animo di tanti, pur lontanissimi dal mondo delle vittime del terrorismo e dei loro famigliari, alla comprensione intima di quel mondo e alla lezione di quei tragici eventi.

Chi riesce a scrivere, o a raccontare per immagini, la storia, poniamo, del proprio padre ucciso dai terroristi di un gruppo o dell’altro, rende un servigio alla memoria di tutte le vittime, anche le meno note, le più umili.

Perciò ringrazio Benedetta, per la cura con cui ha raccontato la storia di Walter Tobagi, del suo impegno civile e delle sue vicende e battaglie professionali, che è poi storia di un periodo difficile della vita politica italiana, anch’esso ricostruito con sapienza e schiettezza fin nei suoi aspetti più complessi e delicati. Una storia – nel libro che è anche denso di introspezione autobiografica e di riflessione culturale – ripercorsa con cura e con amore, come altre – come la storia del maresciallo Berardi raccontata dal figlio nel libro che mi ha appena consegnato. E penso alla storia del magistrato Guido Galli, affidata a un fitto mosaico di testimonianze scritte, a un bel filmato “La sua speranza è viva”, e qui, oggi, alle intense parole della figlia Alessandra; o a quella dell’avvocato Giorgio Ambrosoli, pubblicata dal figlio Umberto un anno fa, a trent’anni di distanza da quell’assassinio di marca mafiosa ed eversiva; o a quella del professor Ezio Tarantelli – assassinato dalle Brigate Rosse nel 1985 – raccontata per immagini, di grande efficacia cinematografica, dal figlio Luca in “La forza delle idee”.

L’amore per il padre, in diversi casi appena conosciuto, è il sentimento che accomuna tanti famigliari di vittime del terrorismo, che s’intreccia con l’amore e l’atroce dolore dei genitori e delle mogli, e diviene una sorta di passaggio di testimone verso generazioni più giovani di quelle delle vittime.

Grazie, dunque, a quanti sono riusciti a dare questi contributi, belli ed eloquenti anche letterariamente, e agli altri che hanno parlato questa mattina, a Silvia Evangelista, figlia di Francesco – Vice Brigadiere di Pubblica Sicurezza – a Sonia Zanotti e a Fortuna Piricò vedova Davì, che ci hanno riportato alle tragedie delle stragi di Bologna e di Ustica di cui dirò tra breve.

“Quello del 1980” – ha detto aprendo la cerimonia Benedetta Tobagi – “è un bilancio di morte scioccante, che toglie il respiro. 36 vittime di atti di terrorismo individuale, rosso e nero, 85 vittime della strage di Bologna, 81 della strage di Ustica”. In certe settimane, la folle furia terroristica colpiva quotidianamente : il 16 marzo, a Salerno, Nicola Giacumbi, magistrato ; il 18 marzo, a Roma, Girolamo Minervini, magistrato ; il 19 marzo, a Milano, Guido Galli. Uomini di legge : come, in quello stesso anno, anche Mario Amato, a Roma, e prima, il 12 febbraio, Vittorio Bachelet, alla cui straordinaria figura abbiamo mesi fa reso omaggio, insieme con il Consiglio Superiore della Magistratura, nell’Aula Magna dell’Università “La Sapienza”.

Tanti colpi mortali furono sferrati, nell’orribile 1980 contro servitori dello Stato e uomini semplici, tutti vittime innocenti di ciechi disegni distruttivi : il generale dei Carabinieri e la guardia giurata, il dirigente di azienda e il tipografo – per odio politico perfino la casalinga e il cuoco. Li ricordiamo con commozione tutti – i loro nomi li abbiamo iscritti due anni fa nell’albo della memoria che abbiamo dedicato loro – e ci stringiamo con affetto a tutti i famigliari.

Ho voluto mettere l’accento sul sacrificio di uomini di legge, per sottolineare come da magistrati, avvocati, docenti di diritto venne un contributo peculiare di fermezza, di coraggio e insieme di quotidiana serenità e umanità nello svolgimento di una funzione essenziale per poter resistere all’ondata terroristica e averne ragione : la funzione dell’amministrare la giustizia secondo legge e secondo Costituzione, sempre, contro ogni minaccia e ogni prevaricazione. Ed è bello poter additare ad esempio per i giovani che entrano in magistratura figure come quella di Guido Galli, e vedere le figlie raccoglierne l’impegno, allo stesso modo in cui Umberto Ambrosoli ha raccolto l’impegno di avvocato del padre Giorgio, e in cui i figli del Vice Brigadiere Evangelista indossano la stessa divisa di polizia del loro genitore.

L’altra considerazione a cui non si sfugge ricordando alcune delle personalità scomparse in quella notte della Repubblica che furono gli anni del terrorismo omicida, riguarda la gravità delle ferite subite dalla nostra comunità nazionale : maestri di diritto e di vita morale come Vittorio Bachelet, magistrati di altissima qualità come Guido Galli, economisti geniali come Ezio Tarantelli, quante energie preziose, ancora giovani, destinate a superare molte nuove prove, ha perduto l’Italia – un impoverimento che è stato, insieme con lo sconvolgimento della vita civile e della vita politica, il prezzo pagato dal nostro paese a quella deriva ideologica generazionale e a quei torbidi intrecci eversivi che espressero e alimentarono il terrorismo tra gli anni ’70 e ’80 dello scorso secolo.

Intrecci eversivi, nel caso di Ustica forse anche intrighi internazionali, che non possiamo oggi non richiamare – insieme con opacità di comportamenti da parte di corpi dello Stato, a inefficienze di apparati e di interventi deputati all’accertamento della verità – nel rivolgere la nostra solidarietà a chi ha duramente pagato di persona o è stato colpito nei propri affetti famigliari per effetto delle stragi degli anni ’80.

Tre lunghi decenni sono passati. Per il devastante attentato alla Stazione Centrale di Bologna, i processi si sono susseguiti fino all’aprile 2007, tra progressi nel ricostruire i fatti e individuare le responsabilità, battute d’arresto, ritorni indietro, sentenze definitive. Un iter tormentoso per quanti hanno atteso giustizia. Le ombre e i dubbi che sono rimasti hanno stimolato un nuovo filone d’indagine, dagli sviluppi ancora imprevedibili. E c’è chi come Sonia Zanotti ha vissuto questo trentennio con una ininterrotta ansia di giustizia e in un percorso dolorosissimo di sofferenze fisiche e psicologiche. Siamo accanto a lei come a tutti coloro le cui vite sono state spezzate da quell’inferno del 2 agosto 1980 ; e insieme sollecitiamo il governo a sciogliere i nodi che rendono ancora incerto e precario l’insieme dei diritti pure riconosciuti per legge a chi è sopravvissuto e ai famigliari delle vittime.

Vorrei che sentissero egualmente vicine le istituzioni i parenti delle vittime della strage di Ustica ; è stato giusto ascoltare la loro voce nel nostro incontro di oggi, anche perché tutti sappiano come comprendiamo il loro tenace invocare ogni sforzo possibile, anche sul piano dei rapporti internazionali, per giungere a una veritiera ricostruzione di quel che avvenne la notte del 27 giugno 1980.

Concludo. Persone della mia generazione, ritornando col pensiero al clima angoscioso di tensione anche sul piano politico e istituzionale di cui furono partecipi, fanno quasi fatica a rivivere quel che significò per anni l’interrogarsi sulle sorti – circondate allora di pesanti incognite – della democrazia e della nazione. L’Italia corse rischi estremi : ci dà forza il ricordarlo perché sapemmo uscirne nettamente, pur pagando quei duri prezzi che ho voluto richiamare, e avemmo così la prova di quanto profonde fossero tra gli italiani le riserve di attaccamento alla libertà, alla legalità, ai principi costituzionali della convivenza democratica, su cui poter contare.

Ebbene, quelle riserve vanno accuratamente preservate, ravvivate, e messe in campo nella situazione attuale del paese e del mondo che ci circonda. Dall’esterno dell’Italia, da diverse aree di crisi e di conflitto meno lontane dall’Europa di quanto magari non dica la carta geografica, giungono fino a noi gli echi del più cupo fondamentalismo, del rifiuto di ogni dialogo tollerante ed aperto tra sistemi di valori diversi, e giungono insieme le insidiosissime diramazioni del terrorismo internazionale. Anche il nostro paese non è esente da contagi e infiltrazioni di quel terrorismo ; l’impegno di vigilanza su tale versante dev’essere più che mai forte, congiungendosi con quello che esplichiamo con la partecipazione a missioni internazionali di garanzia della pace e della stabilità in aree di crisi tra le più esposte e difficili.

Nello stesso tempo, specie guardando ai problemi da affrontare anche in Italia su terreno economico e sociale in una fase che è stata e rimane critica per tutta l’Europa, è necessario tenere sempre alta la guardia contro il riattizzarsi di nuove possibili tentazioni di ricorso alla protesta violenta, e di focolai, non spenti una volta per tutte, di fanatismo politico e ideologico. No alla violenza e alla rottura della legalità in qualsiasi forma : è un imperativo da non trascurare in nessun momento, in funzione della lotta che si combatte, anche con importanti successi, contro la criminalità organizzata, ma più in generale in funzione di uno sviluppo economico, politico e civile degno delle tradizioni democratiche e del ruolo dell’Italia.

Sono convinto che anche questa sia la lezione che viene, che anche questo sia il contributo che può venire, da una sempre più ricca pratica della memoria della devastante esperienza del terrorismo italiano. Oggi salutiamo l’apporto di cui ci ha parlato, la rappresentante della “Rete degli Archivi per non dimenticare”, e salutiamo l’impegno di tutti voi, cari famigliari delle vittime. Non vi sentite mai soli, sappiate che non vi mancherà mai il nostro abbraccio affettuoso.

9 Maggio 2009: 2 Giornata Nazionale Memoria Vittime Terrorismo

La seconda giornata nazionale,”Giorno della memoria”, dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice è cominciata con la deposizione da parte del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, di una corona di fiori in via Caetani, davanti alla lapide che ricorda il sacrificio dell’on. Aldo Moro e degli agenti della sua scorta.

Si è quindi svolta, al Palazzo del Quirinale, alla presenza del Capo dello Stato, la cerimonia di commemorazione.

In apertura sono stati proiettati alcuni passaggi del film-documentario “Vittime”, dedicato ai sopravvissuti, ai familiari e alle vittime degli atti di terrorismo in Italia dal 1969 al 2003, realizzato su iniziativa dell’AIVITER (Associazione Italiana Vittime del Terrorismo) con la collaborazione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e di Rai Cinema.

Sono intervenuti il Presidente dell’Associazione “Piazza Fontana 12 dicembre 1969”, Francesca Dendena; il Vicario Episcopale per l’Aeronautica Militare, Mons. Giorgio Nencini, che ha presentato il volume “Ai caduti delle missioni all’estero”, realizzato dal Ministero della Difesa, dedicato a tutti gli italiani, militari e civili, che dal 1950 ad oggi hanno perduto la vita in attività operative in cui l’Italia è impegnata a sostegno della pace e contro il terrorismo internazionale; la studentessa Francesca Rossetti che ha presentato il lavoro compiuto per illibro “Sedie vuote. Gli anni di piombo: dalla parte delle vittime”.

Nel corso della cerimonia Luca Zingaretti ha letto una riflessione sul terrorismo di Walter Tobagi pubblicata poco prima del suo assassinio e alcune testimonianze di familiari di vittime degli anni di piombo tratte dal libro “Sedie vuote”.

Il Presidente Napolitano ha, quindi, pronunciato il discorso commemorativo del “Giorno della memoria”.

Erano presenti il Presidente della Camera dei Deputati, on. Gianfranco Fini, il Vice Presidente del Senato della Repubblica, sen. Rosa Angela Mauro, il Ministro dell’Interno, on. Roberto Maroni, il Ministro della Giustizia, on. Angelino Alfano, il Ministro della Difesa, on. Ignazio La Russa, il Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, dott. Nicola Mancino, il Giudice della Corte Costituzionale, dott. Alfio Finocchiaro, le rappresentanze delle associazioni dei familiari delle vittime del terrorismo, tra cui la Presidente di Memoria, signora Mariella Magi Dionisi, e numerose autorità civili e militari.

INTERVENTO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
GIORGIO NAPOLITANO

Signor Presidente della Camera,
Signori rappresentanti del Senato e della Corte Costituzionale,
Signori Ministri,
Cari amici che siete qui in rappresentanza di tante famiglie ferite a cui lo Stato democratico deve sempre e in concreto restare vicino,

Questa seconda celebrazione del “Giorno della Memoria”, istituito con legge del 4 maggio 2007, si pone in piena continuità con la celebrazione dello scorso anno, tendendo ad arricchirne, nello stesso spirito, il quadro di riferimento e la valenza storica. Il 9 maggio 2008 concentrammo l’attenzione sulla vicenda e sulle figure delle vittime del terrorismo italiano: e riprenderò anche oggi quel filone sempre così scottante e sensibile.

Ma in primo luogo saluto lo sforzo che si è fatto per integrare in una visione unitaria e pienamente comprensiva del “Giorno della Memoria” il ricordo degli italiani, militari e civili, caduti nelle missioni che hanno visto il nostro paese impegnato, in diverse aree di crisi, a sostegno della pace e contro il terrorismo internazionale.

A ricordare quei caduti e ad onorarne la memoria ha dato un essenziale, esauriente contributo l’impegno, e in special modo la bella pubblicazione del Ministero della Difesa. Si parte dai precedenti più lontani, dagli anni ’50 e ’60 del secolo da poco conclusosi, per giungere alla lunga teoria dei sacrifici di vite italiane nelle maggiori missioni degli anni ’90 e dei primi anni 2000 in Kossovo, in Irak, in Afghanistan.

Quei volti, quelle medaglie ci raccontano storie di dedizione alla causa, di coraggio e di eroismo, che toccarono il culmine in quel tragico 12 novembre di oltre 5 anni fa a Nassirya, e che era giusto venissero tutte rievocate e onorate. Desidero ringraziare personalmente il ministro della Difesa per questo risultato, che concorre a rendere sempre più rappresentativa la celebrazione del “Giorno della Memoria”.

Nello stesso tempo rivolgiamo oggi la nostra attenzione e il nostro omaggio alle vittime delle stragi di matrice terroristica. Già un anno fa, in questa sala, ricordai come a partire dalla fine degli anni ’60 dello scorso secolo “si incrociarono in Italia diverse trame eversive, da un lato di destra neofascista e di impronta reazionaria, con connivenze anche in seno ad apparati dello Stato, dall’altro di sinistra estremista e rivoluzionaria”, fino al “dilagare del terrorismo delle Brigate Rosse”. Fu quest’ultimo, dominante fenomeno che mettemmo allora a fuoco, assumendo come emblematico il terribile momento dell’uccisione, dopo angosciosa prigionia, di Aldo Moro, alla cui personalità e al cui sacrificio indirizzo nuovamente il mio riconoscente pensiero, salutandone affettuosamente i famigliari.

Nell’odierna celebrazione mettiamo invece a fuoco la prima di una serie di vicende devastanti : la strage di Piazza Fontana a Milano, di cui sta per ricorrere il quarantesimo anniversario.

Ricordare quella strage e con essa l’avvio di un’oscura strategia della tensione, come spesso fu chiamata, significa ricordare una lunga e tormentatissima vicenda di indagini e di processi, da cui non si è riusciti a far scaturire una esauriente verità giudiziaria. E ciò vale, lo sappiamo, anche per altri anelli di quella catena di stragi di matrice terroristica che colpì sanguinosamente città come Milano, Brescia, Bologna e altre, e di cui procedimenti giudiziari e inchieste parlamentari identificarono l’ispirazione politica ma non tutte le responsabilità di ideazione ed esecuzione.

Se il fine venne indicato nella creazione di un clima di convulso allarme e disorientamento e quindi in una destabilizzazione del sistema democratico, fino a creare le condizioni per una svolta autoritaria nella direzione del paese, componenti non secondarie di quella trama – in particolare “l’attività depistatoria di una parte degli apparati dello Stato” (così definita nella relazione approvata nel 1994 dalla Commissione stragi del Parlamento) – rimasero spesso non determinate sul piano dei profili di responsabilità, individuali e non solo.

E’ ancora in corso il processo per la strage di Piazza della Loggia, e c’è da augurarsi che in tale sede si riesca a giungere a valide conclusioni di verità e di giustizia, e che anche in rapporto ad altre stragi siano possibili ulteriori sforzi per l’accertamento della verità. Desidero però dire che per quante ombre abbiano potuto pesare sulla ricerca condotta in sede giudiziaria e per quante riserve si possano nutrire sulle conclusioni da tempo raggiunte, non si possono gettare indiscriminati e ingiusti sospetti sull’operato di quanti indagarono e in particolare sull’operato della magistratura, esplicatosi in molteplici istanze e gradi di giudizio.

E’ parte – dobbiamo dirlo – è parte dolorosa della storia italiana della seconda metà del Novecento anche quanto è rimasto incompiuto nel cammino della verità e della giustizia, in special modo nel perseguimento e nella sanzione delle responsabilità penali per fatti orribili di distruzione di vite umane. Il nostro Stato democratico, proprio perché è sempre rimasto uno Stato democratico e in esso abbiamo sempre vissuto, non in un fantomatico “doppio Stato”, porta su di sé questo peso : voglio dirlo nel modo più responsabile e partecipe a quanti hanno sofferto non solo per atroci perdite personali e famigliari, ma per ogni ambiguità e insufficienza di risposte alle loro aspettative e ai loro appelli.

E’ comunque importante che continui una riflessione collettiva, sullo stragismo come sul terrorismo, in uno con lo sforzo costante per coltivare e onorare la memoria delle vittime. E per entrambi gli aspetti non posso che esprimere gratitudine alle Associazioni e alle persone che garantiscono un così essenziale impegno civile e morale.

Nello stesso tempo, questo “Giorno della Memoria” ci offre l’occasione per accomunare nel rispetto e nell’omaggio che è loro dovuto i famigliari di tutte le vittime – come ha detto con nobili parole Gemma Calabresi – di una stagione di odio e di violenza. Rispetto ed omaggio dunque per la figura di un innocente, Giuseppe Pinelli, che fu vittima due volte, prima di pesantissimi infondati sospetti e poi di un’improvvisa, assurda fine.

Qui non si riapre o si rimette in questione un processo, la cui conclusione porta il nome di un magistrato di indiscutibile scrupolo e indipendenza: qui si compie un gesto politico e istituzionale, si rompe il silenzio su una ferita, non separabile da quella dei 17 che persero la vita a Piazza Fontana, e su un nome, su un uomo, di cui va riaffermata e onorata la linearità, sottraendolo alla rimozione e all’oblio. Grazie signora Pinelli, grazie per aver accettato, lei e le sue figlie, di essere oggi con noi.

Dicemmo un anno fa che è importante – anche se difficile, penoso, duro – riuscire a guardare avanti, senza dimenticare quel che è accaduto ma superando ogni istintivo rancore: e a proposito dei famigliari delle vittime dell’intolleranza e della violenza politica, mi hanno colpito le parole libere da rancore che ho di recente ascoltato dai famigliari dei fratelli Mattei travolti nell’orrendo rogo doloso di Primavalle dell’aprile 1973.

Guardare avanti ma senza – lo ripeto – mai dimenticare o rimuovere quel che è accaduto: anche e soprattutto per sventare ogni rischio che tornino i fantasmi del passato. Fantasmi come quelli del terrorismo rosso, che sono ancora di recente apparsi alla sbarra nel processo in corso a Milano. Fantasmi che non possono essere facilmente esorcizzati, sapendo come gli impulsi alla predicazione ideologica estremista e all’azione violenta potrebbero essere alimentati strumentalizzando nuove tensioni sociali in un eventuale contesto di difficoltà economiche acute.

Occorre perciò sviluppare un impegno costante di trasmissione della memoria e di diffusione della cultura della tolleranza, della convivenza pacifica, dell’esercizio dei diritti civili e sociali nell’ambito della legalità costituzionale. E occorre coniugare tale impegno con il massimo di attenzione e di rigore verso ogni tendenza di segno opposto.

E’ per me motivo di soddisfazione constatare come il messaggio partito di qui un anno fa per il “Giorno della Memoria” abbia incoraggiato molti famigliari di vittime del terrorismo a riprendere la parola, a far sentire com’era giusto la loro voce, prendendo iniziative, o collaborando a iniziative, volte a ricordare e lumeggiare casi egualmente significativi e spesso caduti in ombra.

E si può forse osservare come nel contempo si sia attenuato – lo chiedemmo lo scorso anno – il rumore di esibizioni e discorsi di ben conosciuti, e anche sanzionati, attori di imprese sanguinose, dimentichi delle loro incancellabili, pesanti responsabilità morali. Ma in questo senso si sono ancora verificati episodi che non posso passare sotto silenzio. Ad esempio, è possibile che a serie e oneste ricostruzioni filmiche (abbiamo visto stamattina delle belle immagini) della genesi e dello sviluppo, fino alla sconfitta, del terrorismo “di sinistra”, debbano affiancarsi ricostruzioni basate su memorie romanticheggianti e autogiustificative di personaggi che ebbero parte attiva in quella stagione sciagurata?

Attenzione e rigore ho dovuto mostrare in tempi recenti, nell’esercizio delle mie funzioni, nei rapporti con i Capi di Stato della Francia e del Brasile, per trattamenti incomprensibilmente indulgenti riservati a terroristi condannati per fatti di sangue e da lungo tempo sottrattisi alla giustizia italiana. Ho dovuto farlo, tra l’altro, per difendere il prestigio del nostro sistema democratico che, in coerenza con i principi costituzionali, ha dato e dà tutte le garanzie dovute nell’amministrazione della giustizia e anche nella gestione delle sanzioni penali. Spero che la mia voce sia ascoltata, in spirito di amicizia. Perché non si può scambiare l’eversione, l’attacco criminale allo Stato e alle persone, per manifestazione di dissenso o contestazione politica. Per quelle scelte, per quei comportamenti, non c’è giustificazione o attenuante possibile : nemmeno per chi l’abbia nel passato cercata nel clima e nei fatti dello stragismo.

Non verrò meno, comunque, ai miei doveri costituzionali in questo campo, certo di poter contare su un corrispondente impegno del governo, del Parlamento, di tutte le istituzioni democratiche, ed egualmente su uno stimolo e su un sostegno che vengano dal paese, da iniziative diffuse, da forme crescenti di consapevole partecipazione giovanile, di cui ci hanno dato una così bella testimonianza i ragazzi di “Sedie vuote” e il libro da loro composto.

Dobbiamo insomma aver cura che si rafforzino tutte le condizioni indispensabili per portare avanti, per portare a compimento un giusto sforzo di ricomposizione storica, nella chiarezza, e di rinnovata coesione umana, morale e civile della nazione.

Intervento Presidente Repubblica per il libro Per le vittime del terrorismo nell’Italia repubblicana

copertina vittime terrorismo presidenza repubblica

“Un omaggio” di Giorgio Napolitano
Volume “Per le vittime del terrorismo nell’Italia repubblicana”,
in occasione del primo “Giorno della memoria”,
edito dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato

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UN OMAGGIO
di Giorgio Napolitano

Nel riconoscere il 9 maggio, anniversario della barbara uccisione dell’onorevole Aldo Moro, quale “Giorno della memoria”, “al fine di ricordare tutte le vittime del terrorismo, interno e internazionale, e delle stragi di tale matrice”, il Parlamento italiano contemplava anche l’organizzazione di pubbliche cerimonie commemorative, di “momenti di ricordo dei fatti e di riflessione” (cito i passaggi essenziali del testo della legge istitutiva) che avessero per fine “di conservare, rinnovare e costruire una memoria storica condivisa in difesa delle istituzioni democratiche”.

È opportuno ricordare questo testo, scaturito da un ampio e approfondito dibattito e approvato quasi all’unanimità, nel momento in cui ci si accinge a dare inizio a un tale “momento di ricordo dei fatti e di riflessione”.

Questa pubblicazione è solo un contributo parziale alla prima celebrazione del “Giorno della memoria” voluta dal Parlamento. Essa non abbraccia tutte le vicende e le figure cui intesero riferirsi i proponenti della legge istitutiva, e in particolare quelle degli italiani caduti all’estero nel corso di missioni volte a colpire il terrorismo internazionale.

Ci siamo più specificamente proposti di colmare un vuoto, richiamando nomi e volti – purtroppo poco ricordati negli ultimi tempi e rimasti in larga parte sconosciuti ai più giovani – di vittime delle Brigate Rosse e di altre formazioni terroristiche, nel quadro di eventi tragici nella storia della nostra Repubblica, di cui le nuove generazioni non hanno memoria diretta. Ci siamo cioè proposti di rendere omaggio, nel modo più solenne, a tutti coloro – fossero essi semplici cittadini, umili e fedeli servitori dello Stato, o protagonisti della storia repubblicana, come lo fu l’onorevole Aldo Moro – che in quel contesto pagarono col sacrificio della loro vita i servigi resi alle istituzioni repubblicane.

Ci inchiniamo, più in generale, dinanzi ai caduti, in qualsiasi occasione, per la Patria, per la libertà e per la legalità democratica. Accomuniamo dunque nello stesso sentimento di riconoscenza le vittime dello stragismo, del terrorismo e della mafia, perché si tratta di persone che hanno tutte dato la vita per il bene della Repubblica. Noi non dimentichiamo, non vogliamo che venga mai dimenticato, il nostro debito nei loro confronti.

La battaglia contro la minaccia terroristica, da qualunque parte provenisse, fu vinta grazie al sacrificio – tra gli anni ’60 e ’80 dello scorso secolo – di coloro i cui nomi sono qui ricordati. Si è scelto il giorno dell’assassinio dell’onorevole Aldo Moro come il più emblematico di quella stagione di durissime prove. Sono rimaste impresse nel mio animo le tensioni di quelle sconvolgenti giornate, e innanzitutto le immagini degli uomini della scorta dell’onorevole Moro, che vennero trucidati nell’azione mirata al sequestro del Presidente della Democrazia Cristiana, personaggio chiave delle vicende politiche di quel tempo. Si è scelto il triste giorno del 9 maggio perché quella data, e quei tragici eventi del 1978, richiamano simbolicamente anche il momento in cui tutte le forze politiche, senza eccezione alcuna, si unirono nella resistenza a quello che era e voleva essere un attentato “al cuore dello Stato”, come allora si disse.

Fu grazie a questo spirito unitario, alla coesione dimostrata di fronte alla sfida terroristica, che questa venne sconfitta. Lo stesso rapimento e infine l’uccisione di Aldo Moro segnarono il principio della fine delle Brigate Rosse, che si resero responsabili di quel crimine.

Ci auguriamo che questa pubblicazione risponda alle aspettative di tante famiglie la cui vita venne spezzata e che meritano rispetto e solidarietà.

Roma, 09/05/2008

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copertina vittime terrorismo presidenza repubblica

9 Maggio 2008: 1 Giornata Nazionale Memoria Vittime Terrorismo

La prima celebrazione nazionale del “Giorno della memoria” dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice, che da oggi si celebrerà ogni anno il 9 maggio, è cominciato con la deposizione da parte del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, di una corona di fiori in via Caetani, davanti alla lapide che ricorda il sacrificio dell’on. Aldo Moro e degli agenti della sua scorta.

Si è svolta questa mattina, al Palazzo del Quirinale, alla presenza del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, la cerimonia di commemorazione del “Giorno della memoria” dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice, che da oggi sarà celebrato in tutta Italia, ogni anno, il giorno 9 maggio.

Sono intervenuti il Presidente dell'”Associazione tra i familiari delle vittime della strage della stazione di Bologna”, Paolo Bolognesi; la studentessa del Liceo Classico “Arnaldo” di Brescia, Anna Ceraso, per il progetto “Memoria” che coinvolge gli studenti della città della strage di Piazza della Loggia; il Presidente dell'”Associazione italiana vittime del terrorismo e dell’eversione contro l’ordinamento costituzionale dello Stato”, Giovanni Berardi, e la signora Agnese Moro.

Successivamente, Arnoldo Foà ha letto un brano del discorso del Presidente Aldo Moro ai Gruppi parlamentari della Democrazia Cristiana il 28 febbraio 1978, e un altro brano tratto da un articolo del Presidente Aldo Moro pubblicato su “Il Giorno” il 10 aprile 1977.


Il Presidente Napolitano ha, quindi, pronunciato il discorso commemorativo del “Giorno della memoria”.


Al termine della cerimonia, il Maestro Salvatore Accardo ha eseguito, con la pianista Laura Manzini, la Sonata n.3 in re min. op. 100 di Johannes Brahms, in segno di omaggio a tutti i caduti per la Patria, la libertà e la legalità democratica.


Erano presenti il Presidente Emerito della Repubblica, senatore di diritto e a vita, dott. Carlo Azeglio Ciampi, il Presidente del Senato della Repubblica, sen. Renato Schifani, il Presidente della Camera dei Deputati, on. Gianfranco Fini, il Presidente del Consiglio dei Ministri, on. Silvio Berlusconi con il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dott. Gianni Letta, il Vice Presidente della Corte Costituzionale, prof. Giovanni Maria Flick, i familiari del Presidente Aldo Moro e dei componenti della scorta periti in via Fani, le rappresentanze delle associazioni dei familiari delle vittime del terrorismo e delle stragi, tra cui la Presidente di Memoria, Signora Mariella Magi Dionisi, e numerose autorità civili e militari.

INTERVENTO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
GIORGIO NAPOLITANO

Questo è il giorno del ricordo e del pubblico riconoscimento che l’Italia da tempo doveva alle vittime del terrorismo. E’ il giorno del sostegno morale e della vicinanza umana che l’Italia sempre deve alle loro famiglie. Ed è il giorno della riflessione su quel che il nostro paese ha vissuto in anni tra i più angosciosi della sua storia e che non vuole mai più, in alcun modo, rivivere.

Parlo del terrorismo serpeggiante in Italia a partire dalla fine degli anni ’60, e infine esploso come estrema degenerazione della violenza politica ; parlo delle stragi di quella matrice e della lunga trama degli attentati, degli assassinii, dei ferimenti che insanguinarono le nostre città.

L’obbiettivo che i gruppi terroristici così perseguivano era quello della destabilizzazione e del rovesciamento dell’ordine costituzionale. Dedichiamo l’incontro di oggi in Quirinale alle vittime di quell’attacco armato alla Repubblica, che seminò ferocemente lutto e dolore.

Sappiamo che nell’istituire, un anno fa, questo “Giorno della memoria” il Parlamento ha raccolto diverse proposte, comprese quelle rivolte a onorare gli italiani, militari e civili, caduti in anni recenti nel contesto delle missioni in cui il nostro paese è impegnato a sostegno della pace e contro il terrorismo internazionale, nemico insidioso capace di colpire anche a casa nostra. Alla loro memoria rinnovo l’omaggio riconoscente delle istituzioni repubblicane e della nazione. Sono certo che anche al loro sacrificio si rivolgerà pubblico omaggio nelle manifestazioni e negli incontri cui darà luogo ovunque la celebrazione del “Giorno della memoria”.

E colgo l’occasione per ricordare anche le vittime causate da fatti di diversa natura, dal disastro di Ustica all’intrigo delittuoso della Uno Bianca, ai caduti nell’adempimento del loro dovere e ai semplici cittadini, uomini e donne, che hanno perso la vita in torbide circostanze, su cui non sempre si è riusciti a fare pienamente chiarezza e giustizia. Più in generale, mi inchino a tutti i caduti per la Patria, per la libertà e per la legalità democratica, e dunque – come dimenticarle ! – alle tante vittime della mafia e della criminalità organizzata.

Ma sottolineo nuovamente la specificità delle vicende del terrorismo italiano, e l’esigenza di colmare vuoti e carenze nell’iniziativa dello Stato democratico, nell’impegno della comunità nazionale, che esigeva ed esige il ricordo di quelle vicende e delle loro vittime.

I momenti di solenne riconoscimento non sono mancati : come con il conferimento di medaglie d’oro, da parte del Presidente Ciampi, alla memoria di alcune figure rappresentative del sacrificio di molti negli “anni di piombo”. Ma era a lungo mancato un riconoscimento collettivo e proiettato nel futuro come quello deciso dal Parlamento con la legge istitutiva del “Giorno della memoria”.

E con la pubblicazione che oggi vede la luce abbiamo cercato di abbracciare in un comune ricordo ed omaggio – salvo possibili, involontarie omissioni o imprecisioni, di cui ci scusiamo – tutte le vittime della violenza politica armata, del terrorismo organizzato e rivolto a fini eversivi. Non si possono sfogliare quelle pagine senza provare profonda commozione e profondo sgomento. Abbiamo cercato di restituire, di consegnare alla memoria degli italiani, l’immagine – i volti, i percorsi di vita e di morte – di tutte le vittime.

I percorsi di vita, innanzitutto : perché non è accettabile che quegli uomini siano ricordati solo come vittime, e non come persone, che hanno vissuto, hanno avuto i loro affetti, il loro lavoro, il loro posto nella società, prima di cadere per mano criminale. Le ricordiamo tutte, come vittime e come persone, dalle più note ed illustri alle più modeste, facilmente rimaste più in ombra. Tutte, qualunque fosse la loro collocazione politica e qualunque fosse l’ispirazione politica di chi aggrediva e colpiva.

Vorrei che voi, mogli, figli, genitori, famigliari dei caduti, sentiste anche questa nostra particolare iniziativa come gesto di riparazione e di partecipe vicinanza per quello che avete sofferto, per il dolore di perdite irreparabili e poi per il dolore di una solitudine, di una disattenzione, che vi ha fatto temere di essere come dimenticati insieme con i vostri cari. Non può essere, non deve essere così. E’ l’impegno che oggi prendiamo.

La scelta della data per il “Giorno della memoria” è caduta per validi motivi sull’anniversario dell’assassinio di Aldo Moro. Perché se nel periodo da noi complessivamente considerato, si sono incrociate per qualche tempo diverse trame eversive, da un lato di destra neofascista e di impronta reazionaria, con connivenze anche in seno ad apparati dello Stato, dall’altro lato di sinistra estremista e rivoluzionaria, non c’è dubbio che dominanti siano ben presto diventate queste ultime, col dilagare del terrorismo delle Brigate Rosse. E il bersaglio più alto e significativo che esso abbia raggiunto è stato il Presidente della Democrazia Cristiana, sequestrato, tenuto prigioniero per quasi due mesi e infine con decisione spietata ucciso.

Fu, in quel 16 marzo 1978, centrato dalle Brigate Rosse un obbiettivo forse impensabile, per il grado di organizzazione e il livello di audacia che comportava, ma non imprevedibile, dato il ruolo evidente e incontestabile di Moro nella vita politica nazionale, nella fase critica e cruciale che essa stava attraversando. Non si scelse un obbiettivo simbolico ; si decise di colpire il perno principale del sistema politico e istituzionale su cui poggiava la democrazia repubblicana.

Imprevedibili erano stati, e sarebbero stati ancora dopo, molti altri bersagli colpiti dalle Brigate Rosse con cieco furore ideologico : studiosi, magistrati, avvocati, giornalisti, amministratori locali, dirigenti d’azienda, commercianti, rappresentanti dei lavoratori, militari, uomini delle forze dell’ordine, e altri ancora, in una successione casuale e non facilmente immaginabile. Una successione perciò incalzante e angosciosa, che mirava a dare il senso dell’impotenza dello Stato, del vacillare delle istituzioni e della convivenza civile.

In Moro i terroristi individuarono il nemico più consapevole, che aveva più di chiunque colto – nel ’68 – quel che si muoveva e premeva nella società, la crisi dei vecchi equilibri politici, il travaglio e la domanda di rinnovamento delle nuove generazioni, e quindi – nel maggio ’77 – aveva lanciato l’estremo allarme. Ci si trovava, così disse, dinanzi a “manifestazioni di violenza” che avevano “uno sfondo ideologico” e si collocavano “tra la lotta politica e la lotta armata” ; di qui l'”apprensione per il logoramento” cui erano “sottoposte le istituzioni e le stesse grandi correnti ideali che credono nella democrazia”. Egli non dubitava dell'”esito finale” del confronto tra le istituzioni democratiche, tra le forze democratiche e le forze che conducevano “un così grave attacco portato nel cuore dello Stato”, ma era cosciente della durezza della prova, dell'”alto costo” e delle “distorsioni” che poteva comportare.

Per quel che egli rappresentava storicamente – nella lunga vicenda della costruzione democratica e della lotta politica in Italia – e per quel che contava in quel momento come punto di riferimento ai fini di una risposta concorde all’offensiva terroristica e di una sapiente tessitura volta a rinnovare e consolidare la democrazia nel nostro paese, il Presidente della Democrazia Cristiana divenne la vittima designata, da catturare anche a costo dell’efferato sterminio della sua scorta -, dei suoi “compagni di viaggio”,- nell’agguato di via Fani, e fu quindi a lungo ristretto in una condizione fisica disumana, e sottoposto a una tremenda violenza psicologica.

Si sono di recente pubblicate attente ricostruzioni di quei fatti e analisi penetranti degli svolgimenti di una così inaudita e sconvolgente vicenda, dei comportamenti di tutti coloro che ne furono i diversi attori. Ma non è in questa sede e non è da parte mia che si possono esprimere giudizi conclusivi. Si può solo invitare – trent’anni dopo – alla riflessione profonda e dolorosa, alla ricerca non ancora conclusa, che anche questi nuovi contributi di osservatori e studiosi sollecitano ; possiamo solo inchinarci con rispetto e commozione dinanzi alla tragedia vissuta trent’anni orsono da un grande protagonista della storia democratica dell’Italia repubblicana, dinanzi allo sforzo intellettuale e politico da lui dispiegato in uno stato di cattività esposto a continue pressioni e manipolazioni. Possiamo solo inchinarci dinanzi al suo tormento umanissimo, consegnato a lettere di straordinaria intensità per carica affettiva e morale.

Fu tragedia non solo di un uomo, ma di un paese, di questa Italia che un grande maestro, Norberto Bobbio, volle ricordarci, dinanzi a simili eventi, essere, appunto, “un paese tragico”.

Ci sarà ugualmente da riflettere ancora e a fondo -anche se molto si è lavorato, anche di recente, su questi temi – sulla genesi e sulla fisionomia dei fenomeni di stragismo e terrorismo politico di cui è stata teatro l’Italia : su come siano nati e via via cresciuti, su quali ne siano state le radici, i punti di forza, le ideologie e strategie di supporto. E c’è da augurarsi che si riesca ancora a indagare, anche in sede giudiziaria, su singoli fatti di devastante portata : che si riesca ad accertare pienamente la verità, come chiedono le Associazioni delle famiglie delle vittime.

Quel che più conta, tuttavia, è scongiurare ogni rischio di rimozione di una così sconvolgente esperienza vissuta dal paese, per poter prevenire ogni pericolo di riproduzione di quei fenomeni che sono tanto costati alla democrazia e agli italiani. In effetti abbiamo visto negli ultimi anni il riaffiorare del terrorismo, attraverso la stessa sigla delle Brigate Rosse, nella stessa aberrante logica, su scala, è vero, ben più ridotta ma pur sempre a prezzo di nuovi lutti e di nuove tensioni.

Si hanno ancora segni di reviviscenza del più datato e rozzo ideologismo comunista, per quanto negli scorsi decenni quel disegno rivoluzionario sia naufragato insieme con la sconfitta del terrorismo, mostrando tutto il suo delirante velleitarismo, la sua incapacità di esprimere un’alternativa allo Stato democratico. E se vediamo nel contempo – come li stiamo vedendo – segni di reviviscenza addirittura di un ideologismo e simbolismo neo-nazista, dobbiamo saper cogliere il dato che accomuna fenomeni pur diversi ed opposti : il dato della intolleranza e della violenza politica, dell’esercizio arbitrario della forza, del ricorso all’azione criminale per colpire il nemico e non meno brutalmente il diverso, per sfidare lo Stato democratico.

Occorre opporre a questo pericoloso fermentare di rigurgiti terroristici la cultura della convivenza pacifica, della tolleranza politica, culturale, religiosa, delle regole democratiche, dei principi, dei diritti e dei doveri sanciti dalla Costituzione repubblicana.

E occorre ribadire e rafforzare, senza ambiguità, un limite assoluto, da non oltrepassare qualunque motivazione si possa invocare : il limite del rispetto della legalità, non essendo tollerabile che anche muovendo da iniziative di libero dissenso e contestazione si varchi ilconfine che le separa da un illegalismo sistematico e aggressivo.

Lo Stato repubblicano non può abbassare la guardia, dopo aver fatto fronte allo stragismo e aver sconfitto il terrorismo dilagante degli scorsi decenni. Lo ha sconfitto dopo aver subíto colpi molto duri – più di qualsiasi altro il sequestro di Aldo Moro, lo sterminio della sua scorta e infine la sua feroce soppressione ; lo ha sconfitto restando sul terreno della democrazia e dello Stato di diritto, e senza concedere alle Brigate Rosse il riconoscimento politico di controparte in guerra che esse pretendevano.

Bisogna rendere omaggio a quanti si sono battuti con tenacia fino a cogliere successi decisivi : a quanti vi hanno contribuito nel campo delle forze politiche – in seno al governo e in Parlamento – nel mondo sociale e culturale, e con coraggio, in prima linea, anche a rischio della vita, nella magistratura e nelle forze dell’ordine.

La prova è stata ardua, terribilmente dolorosa, e non può considerarsi del tutto conclusa, o conclusa una volta per tutte. Di qui l’appello alla vigilanza e alla severità.

Per nessuno la prova è stata così dura come per i famigliari delle vittime. E la prova più alta – lo ha detto con parole bellissime nel suo libro Mario Calabresi – è stata quella di far crescere i figli liberi dal rancore e dall’odio, di “scommettere tutto sull’amore per la vita”, di guardare avanti “nel rispetto della memoria”. Purtroppo questo rispetto è spesso mancato, e proprio da parte di responsabili delle azioni terroristiche.

D’altronde, non pochi tra loro sono rimasti reticenti, anche in sede giudiziaria, e sul piano politico hanno ammesso errori e preso atto della sconfitta del loro disegno, ma non riconoscendo esplicitamente la ingiustificabile natura criminale dell’attacco terroristico allo Stato e ai suoi rappresentanti e servitori. Lo Stato democratico, il suo sistema penale e penitenziario, si è mostrato in tutti i casi generoso : ma dei benefici ottenuti gli ex terroristi non avrebbero dovuto avvalersi per cercare tribune da cui esibirsi, dare le loro versioni dei fatti, tentare ancora subdole giustificazioni. Mi ha colpito e indignato leggere giorni fa l’intervista di un ex brigatista, lo stesso che un anno fa raccontò con agghiacciante freddezza come aveva ammazzato Carlo Casalegno e che ora ha detto di provare “rammarico per i famigliari delle vittime delle BR”, ma aggiungendo di aver dato per scontato che “quando si fanno azioni di un certo tipo” accade di “dare dei dispiaceri ad altri”. No, non dovrebbero esserci tribune per simili figuri.

Chi abbia regolato i propri conti con la giustizia, ha il diritto di reinserirsi nella società, ma con discrezione e misura e mai dimenticando le sue responsabilità morali anche se non più penali. Così come non dovrebbero dimenticare le loro responsabilità morali tutti quanti abbiano contribuito a teorizzazioni aberranti e a campagne di odio e di violenza da cui sono scaturite le peggiori azioni terroristiche, o abbiano offerto al terrorismo motivazioni, attenuanti, coperture e indulgenze fatali.

Queste sono le ragioni per cui si doveva e si deve dar voce non a chi ha scatenato la violenza terroristica, ma a chi l’ha subita, a chi ne ha avuto la vita spezzata, ai famigliari delle vittime e anche a quanti sono stati colpiti, feriti, sopravvivendo ma restando per sempre invalidati. Si deve dar voce a racconti di verità sugli “anni di piombo”, ricordando quelle terribili vicende come sono state vissute dalla parte della legge e dello Stato democratico, dalla parte di un’umanità dolorante. E a questa parte, ai famigliari delle vittime, a tutti i colpiti dallo stragismo e dal terrorismo lo Stato deve restare vicino, anche garantendo l’attuazione di leggi come quella del 2004. Solo così, con questo rispetto per la memoria e con questa vicinanza alle persone che hanno sofferto, si potrà rendere davvero omaggio al sacrificio di tanti. E’ qui il significato del 9 maggio “Giorno della memoria” che oggi insieme celebriamo.

9 Maggio di ogni anno: Giornata Nazionale Memoria Vittime Terrorismo

9 maggio giornata vittime del terrorismo

Il Giorno della memoria dedicato alle vittime del terrorismo interno e internazionale, e delle stragi di tale matrice è una ricorrenza della Repubblica Italiana istituita con la legge 4 maggio 2007 n° 56.

Viene celebrata il 9 maggio di ogni anno in considerazione del fatto che il 9 maggio 1978 fu ucciso l’On. Aldo Moro, già Presidente del Consiglio dei Ministri, ed esponente di spicco della Democrazia Cristiana.

La legge è stata approvata al Senato dalla 1a Commissione in sede deliberante il 3 aprile 2007.

Successivamente è stata approvata alla Camera il 2 maggio 2007 con una maggioranza di 420 voti favorevoli a fronte di 46 astenuti (i Deputati del Partito della Rifondazione Comunista e del Partito dei Comunisti Italiani) e il voto contrario del Deputato Francesco Caruso, del Partito della Rifondazione Comunista.

Alcuni Deputati hanno abbandonato l’Aula al momento del voto.

Gli esponenti dei due partiti comunisti dichiararono la propria astensione perché non ritenevano la data del 9 maggio sufficientemente rappresentativa e avrebbero voluto che la ricorrenza venisse celebrata il 12 dicembre in onore delle vittime della Strage di Piazza Fontana.

Il deputato Francesco Caruso ha motivato diversamente il suo voto contrario.

In occasione della ricorrenza, il 9 maggio 2008 il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha pronunciato un fermo discorso, condannando la violenza politica stigmatizzando «la reviviscenza del più datato e rozzo ideologismo comunista» e la «reviviscenza addirittura di un ideologismo e simbolismo neo-nazista».

In particolare in merito allo scopo del Giorno della memoria ha dichiarato: «Quel che più conta, tuttavia, è scongiurare ogni rischio di rimozione di una così sconvolgente esperienza vissuta dal paese, per poter prevenire ogni pericolo di riproduzione di quei fenomeni che sono tanto costati alla democrazia e agli italiani».

Sugli ex-terroristi il Presidente ha poi detto:«Lo Stato democratico, il suo sistema penale e penitenziario, si è mostrato in tutti i casi generoso: ma dei benefici ottenuti gli ex terroristi non avrebbero dovuto avvalersi per cercare tribune da cui esibirsi, dare le loro versioni dei fatti, tentare ancora subdole giustificazioni»

La Presidenza della Repubblica ha realizzato per l’occasione il volume “Per le vittime del terrorismo nell’Italia repubblicana” edito dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato.

La prefazione è stata scritta dal Capo dello Stato e il volume contiene una serie di 378 schede di vittime degli anni dal 2003 ai primi anni ’60, ordinate in maniera inversa rispetto alla data, dalla più recente Emanuele Petri assassinato nel 2003 alle più lontane negli anni del terrorismo altoatesino.

Lettera aperta del Presidente della Repubblica ai famigliari delle vittime del terrorismo

9 maggio 2013 (3)

Lettera aperta del Presidente della Repubblica
ai famigliari delle vittime del terrorismo

Ho seguito e incoraggiato, negli ultimi mesi, il percorso delle proposte di legge volte a istituire un “Giorno della memoria” dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice. La legge è stata da pochi giorni approvata definitivamente dal Parlamento (prima al Senato e poi alla Camera), con larghissimo consenso, e quindi pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale.

E’ stata prescelta per quella ricorrenza la data del 9 maggio, cioè il giorno del barbaro assassinio dell’on. Aldo Moro da parte delle brigate rosse. La legge prevede un complesso di iniziative, la cui preparazione culminerà in una prima celebrazione il 9 maggio 2008.

Sede della celebrazione sarà – in quella occasione – anche il Palazzo del Quirinale. Nel darvene annuncio, desidero sottolineare il significato e l’importanza che attribuisco alla decisione del Parlamento: essa colma un vuoto di memoria storica e di attenzione umana e civile, che molti di voi avevano dolorosamente avvertito.

Con profondi sentimenti di vicinanza e solidarietà

 On. Giorgio Napolitano
Presidente della Repubblica

 

Roma, Palazzo del Quirinale, 8 maggio 2007

Speciale TG1 sul Terrorismo in Italia – terza parte

Il Terrorismo in Italia attraverso lo speciale del TG1 della Rai andato in onda 31 ottobre 2010 su Rai 1.

 

Speciale TG1 sul Terrorismo in Italia – seconda parte

Il Terrorismo in Italia attraverso lo speciale del TG1 della Rai andato in onda 31 ottobre 2010 su Rai 1.

Per seguire la terza ed ultima parte cliccare qui